Arrestato latitante: uccise una guardia giurata

Un blitz in piena regola quello messo a segno ieri mattina a San Maurizio al Lambro dagli investigatori dell’Antirapine della squadra mobile, la sezione guidata da Pierpaolo Marraffa. Un blitz nel vero senso del termine, durato proprio una manciata di secondi. Perché quando i furgoni bianchi della polizia hanno accerchiato il gruppo di casette in muratura e roulotte di periferia, abitato da nomadi italiani e da altre persone, dove un importante latitante ricercato da tempo, viveva ormai da un anno con le figlie e le loro famiglie, i poliziotti - che, insieme ai colleghi sull’elicottero che sorvolava la zona, avevano già, inevitabilmente, attirato le attenzioni della piccola comunità - hanno dovuto agire con rapidità. Perché l’uomo - in quel momento, tra le 10 e mezzogiorno, solo in casa - stava già cercando di allontanarsi, cercando rifugio in una casa vicina. Ma gli è andata male. E adesso Giorgio Maria Dorovich, di origine nomade ma con cittadinanza italiana (è nato a Merate, ora provincia di Lecco, 49 anni fa) è rinchiuso tra le mura del carcere di Monza per scontare l’ergastolo a cui è stato condannato lo scorso febbraio come autore dell'omicidio di una guardia giurata e il tentato omicidio di un altro vigilantes aggravati dal tentativo di rapina a un furgone blindato della «Fidelitas» dodici anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 marzo ’94.
Quella notte un commando di rapinatori assalì il furgone che portava in banca il denaro ritirato dal centro commerciale Ipercoop «Due Torri» di via Gozzoli, a Baggio. A bordo c'erano tre guardie giurate e un autista con 320 milioni di lire. Armati di fucili d'assalto Ak47, un HKG3A3 e una pistola Sauer, i banditi scaricarono le armi contro Flavio Galessi, 48 anni, che morì e Alessandro Lazzarone, 52enne, colpito al collo, al femore sinistro, alla coscia e al braccio destri. Una rapina fallita perché, oltre al morto e al ferito, a terra era rimasto il bottino, 320 milioni di lire. Una settimana dopo il figlio della vittima, si tolse la vita.
Dorovich era stato arrestato nel 2003, con un complice, in un campo nomadi, mentre un terzo componente della banda era stato preso in Francia, a Nizza. Per un vizio di forma negli atti giudiziari, però, era stato rimesso in libertà poco dopo. Ed era scomparso dalla circolazione.


Da allora era ricercato. E alla polizia milanese va il merito di averlo catturato «soprattutto seguendo pazientemente - come ha detto ieri Pierpaolo Marraffa - la vita della famiglia. Alla quale Dorovich è molto legato».

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