Quando ha visto i poliziotti li ha ringraziati: «Ormai avevo perso la testa, se non mi arrestavate, quella lavrei ammazzata davvero». «Quella» era la donna amata che Ivan Donato Malvone perseguitava da quando il loro rapporto si era interrotto. Un anno e mezzo punteggiati da ricoveri in ospedale, sei denunce e nove interventi delle volanti. Abbastanza per arrestarlo. Malvone aveva conosciuto nel 2006 una donna separata, 47 anni, madre di una bambina di 10, e se ne era perdutamente invaghito. La relazione tra luomo, operaio con impieghi precari dopo aver perso il posto fisso, e la donna, una vita di lavori come baby sitter e domestica, dura un anno e mezzo.
Poi lei chiude e lui va fuori di testa: botte, appostamenti sotto casa, minacce: «Guarda che ho comprato una pistola. Presto tua figlia sarà orfana. Hai paura di me, vero?». Ce laveva sì paura la povera donna, ma con i vecchi strumenti legislativi non cera molto da fare. Certo quando lei chiamava il 113 arrivava la volante per calmare i bollenti spiriti dello spasimante respinto. Ma niente di più. Adesso grazie alla nuova normativa, gli agenti del commissariato Greco Turro, guidati da Manfredi Fava, hanno messo in fila tutte le telefonate in questura, le denunce e i ricoveri.
Materiale sufficiente per non aspettare il peggio. Così laltra mattina i poliziotti sono andati a prenderlo nella sua abitazione di Monte Rotondo. «Grazie per avermi fermato, lavrei ammazzata davvero» ha mormorato mentre lo portavano via.
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