
Nell’acceso dibattito sulla riforma fiscale che ha finalmente abbattuto l’aliquota Iva sulla compravendita di opere d’arte – dal 22 al 5% - sono intervenuti Roberto e Michele Casamonti, titolari della prestigiosa galleria d’arte Tornabuoni che ha sedi a Firenze, Parigi, Roma e Forte dei Marmi e tratta in tutto il mondo opere dei maggiori artisti d’arte moderna e contemporanea.
Il decreto che finalmente abbassa l’Iva al 5% quali benefici sostanziali porterà alle compravendite d’Arte?
“Con questo decreto, l’Italia, che aveva un sistema fiscale e legislativo in generale estremamente svantaggioso e non competitivo rispetto all’Europa, si allinea ai parametri degli altri paesi europei, in particolare alla Francia, con un piccolo vantaggio che non sarà significativo, ma che ha un valore simbolico molto forte. L’Italia vuole rientrare, allineandosi all’interno di un sistema europeo in cui non deve esserci alcuno svantaggio tra il fare una transazione italiana o una transazione estera. Quindi, quali sono i benefici? Il beneficio è che l’Italia torna a essere una piattaforma al pari, o al limite leggermente migliore, rispetto agli altri paesi europei”.
Il beneficio non si applica alle case d’asta, che negli ultimi anni sono diventati dominanti sul mercato. Questo tornerà ad agevolare la figura del gallerista?
“L’IVA al 5% non si applica ragionevolmente alle case d’asta, perché l’IVA delle case d’asta è un’IVA sul margine, cioè sulla commissione, e non sull’opera. Questo incide anche su altre gallerie e sul mercato secondario in generale, quando viene applicata un’IVA sul margine. È del tutto naturale e non cambia molto rispetto al sistema degli altri paesi. Non ci saranno particolari conseguenze, e le gallerie non saranno necessariamente avvantaggiate per questo. Come le case d’asta che si occupano esclusivamente di mercato secondario, così anche le gallerie che operano nel mercato secondario avranno l’IVA al 20%. Non ci saranno agevolazioni per le gallerie: le agevolazioni valgono per il mercato primario rispetto al mercato secondario”.
Siete da anni presenti in Francia, che aveva già abbattuto l’Iva. Ora l’Italia la supera in beneficio (5% contro 5,5%). Questo basterà per rilanciare i competitors italiani?
“Un sistema fiscale vantaggioso permette agli operatori italiani di competere ad armi pari e non più in condizioni sfavorevoli. Dopodiché, non basta il vantaggio fiscale o l’equivalenza fiscale: essere competitivi vuol dire saper giocare su piani internazionali, riuscire a strutturare una proposta culturale in grado di essere egemone a livello globale. Questo adeguamento fiscale rappresenta una condizione di competitività paritetica, ma non avvantaggerà automaticamente gli operatori italiani. Senza questa condizione, l’Italia era oggettivamente in estrema difficoltà, direi quasi tagliata fuori. Ora, ad armi pari, gli italiani dovranno dimostrare di saper operare professionalmente, come hanno sempre fatto”.
La nuova legge a vostro avviso farà rientrare in patria tante gallerie italiane che hanno aperto sedi all’estero?
“Non so se le gallerie italiane che hanno aperto all’estero rientreranno in Italia. Nessuna galleria che ha aperto all’estero ha mai chiuso in Italia, quindi non ci sarà un vero motivo per rientrare, come nel caso della cosiddetta "fuga dei cervelli". Certo è che meno gallerie avranno l’esigenza di partire, secondo il principio “o partire o morire”. Potranno restare in Italia e, almeno, ci sarà una ragione per arrestare l'emorragia che, dal 2000 a oggi, ha visto trasferirsi all’estero alcuni tra i migliori attori del mercato italiano”.
A parte la tassazione , quali sono gli altri mali per il nostro sistema?
“Come dicevo, il sistema fiscale è uno degli elementi che permette a un’azienda privata che opera in ambito culturale di essere competitiva, ma non è una garanzia. L’Italia ha un sistema legislativo, oltre che fiscale, estremamente svantaggioso, e dunque rimangono diverse possibili azioni per favorire il nostro settore. La prima, e fondamentale fra tutte – se l’IVA riguarda principalmente il mercato primario – è la revisione del sistema delle notifiche, che interessa gli altri settori: dall’antiquariato all’arte moderna. Un sistema datato, legato a una legge che ha quasi un secolo e che è stata concepita per difendere i beni culturali in un momento in cui non esisteva la stessa nozione di bene culturale che abbiamo oggi e non si poteva immaginare la globalizzazione a cui sarebbe andata incontro l’arte contemporanea. Difendere un vaso etrusco dalla possibile uscita illegale dal nostro paese è sacrosanto; bloccare un’opera di Burri o di Fontana è invece un’azione insensata, perché gli artisti del XX secolo, a differenza degli etruschi, si sono battuti per poter esporre a livello internazionale. Bloccarne oggi la circolazione significa letteralmente impedirne la diffusione e la valorizzazione internazionale. La legge italiana dovrebbe idealmente ricalcare o riprendere i punti fondamentali della ottima legge francese: restare assolutamente immodificata per tutti i beni culturali fino al Futurismo, ma, dal Futurismo in poi, prevedere che se lo Stato vuole bloccare un’opera, abbia anche l’impegno di acquisirla – con tutti i vantaggi che ne possono seguire.
Però deve acquisirla, non può bloccarla e lasciarla nella casa privata di qualcuno, questo è totalmente insensato. Senza questa modifica, il settore delle galleria d’arte moderna e il meglio dell’arte italiana saranno fortemente penalizzati sulla scena internazionale”.