Colossale e impressionate. Il Cavallo di Antonio Canova, finalmente ricomposto dopo oltre cinquant'anni, ci accoglie all'ingresso delle Gallerie d'Italia di piazza della Scala e si prende giustamente tutte le attenzioni. È il capolavoro attorno cui ruota la nuova mostra del museo di Intesa Sanpaolo (letteralmente: la mostra si sviluppa a raggiera in dieci sezioni che hanno nel cavallo il loro fulcro): «Eterno e visione. Roma e Milano capitali del Neoclassicismo», a cura di Francesco Leone, Elena Lissoni e Fernando Mazzocca (fino al 6 aprile) è un progetto espositivo di un centinaio di opere, tra marmi, sculture, dipinti, disegni e incisioni, realizzato in partnership con la Bibliothèque nationale de France. Racconta dell'eterna rivalità tra Roma e Milano in un periodo particolarissimo della nostra storia, quello tra la discesa di Napoleone in Italia (nel 1796 le sue truppe entrano a Milano, l'anno dopo nasce la Repubblica Cisalpina) e la caduta dell'Impero napoleonico (1814). Roma e Milano entrano in competizione: l'Urbe attrae sì turisti da tutta Europa, ma è anche da Napoleone privata di molti dei suoi capolavori tanto che spetta a Canova, campione del Neoclassicismo, far rivivere la bellezza dell'antico. Milano scalpita: è la capitale di un terzo della penisola e diventa ci spiega Mazzocca - «un vero laboratorio dell'Italia moderna, è votata al progresso». Il Cavallo Colossale del Canova, dicevamo, è la star della mostra. Milano, mentre immagina di costruire Foro Bonaparte, vuole celebrare Napoleone dopo la vittoria di Marengo: chiama Canova, il miglior scultore in circolazione, che non ha mai fatto opere equestri, ma è intrigato dalla proposta. Non farà in tempo a vederla realizzata. Il monumento, dirottato al Castello, finirà a Napoli come omaggio a un altro Bonaparte, Giuseppe, il fratello di Napoleone: con la Restaurazione, sarà dedicato a Carlo III. L'opera, in gesso dipinto in finto bronzo, sarà conservata al Museo di Bassano del Grappa dedicato al Canova ma nel '67 viene incredibilmente sezionata e messa in deposito. Ora un «miracoloso restauro» (come ha detto Giovanni Bazoli, presidente merito di Intesa Sanpaolo) la restituisce in tutta la sua gloriosa bellezza, in dialogo perfetto con la testa di cavallo bronzea di Donatello, artista caro al Canova, proveniente dall'Archeologico di Napoli. In mostra corrono intanto parallele le vicende di Roma e Milano: efficace il confronto tra le vedute di Piranesi e Aspari, il racconto del «sogno» di un Foro Bonaparte mai realizzato (dalla Bibliothèque de France arrivano gli acquarelli del progetto), l'esposizione degli Onori d'Italia con cui Napoleone, novello Carlo Magno, si fa incoronare in Duomo.
L'esposizione ha anche il merito di valorizzare la figura di Giuseppe Bossi, fine intellettuale e segretario (cioè funzionario) dell'Accademia di Brera di cui è riprodotta in copia l'enorme «La Riconoscenza della Repubblica Italiana a Napoleone» accanto agli studi preparatori e a un suo ritratto del Bonaparte di recente ritrovato. Il verde saturo della tunica, la spada, lo sguardo deciso ma corrucciato: Bossi sintetizza brillantemente la parabola politica e umana di Napoleone.