
da Venezia
Che la Biennale sia un banco di prova per la diplomazia culturale non è una novità, ma vale comunque la pena prendere qualche appunto su quel che adesso accade: Israele è assente da questa Biennale Architettura, mentre il padiglione della Russia, serrato da anni, è stato trasformato in «Edu-Lab» per bambini. Ieri tutti i flash erano per la Sceicca Al Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al Thani, commissario del Padiglione del Qatar e presidente di Qatar Museums (sorella dell'attuale emiro, è la Queen dell'arte contemporanea mondiale): giubbotto di pelle e occhiali da sole in testa, ha ufficialmente annunciato che ai Giardini sorgerà il prossimo anno il padiglione permanente del suo Paese. Sarà all'ingresso, in posizione centralissima, accanto al Padiglione Sterling, ma non è dato saperne molto di più. Siamo comunque certi che alla Biennale Arte 2026 si prenderà la scena: è dagli anni Novanta che ai Giardini non si costruiscono padiglioni (gli ultimi sono stati Australia e Corea).
Anche la Santa Sede ha scelto il suo Padiglione (nella foto, è in comodato d'uso dal comune di Venezia per i prossimi 4 anni): è nel sestiere di Castello, uno dei pochi ancora vissuto dai veneziani, nel complesso dismesso di Santa Maria Ausiliatrice. Qui, dove già nel 1171 c'erano una chiesa e un ospedale e poi una scuola gestita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice di San Giovanni Bosco, il cardinal José Tolentino de Mendonça, a capo del dicastero per la Cultura e l'Educazione della Santa Sede, ha scelto di realizzare un progetto innovativo. Avrebbe dovuto esserci lui, il 58enne cardinale-poeta nato a Madeira, ad inaugurarlo, ma era «sotto chiave» al Conclave (al suo posto c'era l'irlandese mons Paul Tighe, segretario del dicastero). Opera Aperta, padiglione curato da Marina Otero Verzier, giovane e pluripremiata architetta spagnola, e da Giovanna Zabotti, direttrice artistica di Fondaco Italia, accoglie gli interventi dello studio della messicana Tatiana Bilbao e del collettivo catalano Maio Architects, «specializzati in costruzione responsabile e cura collettiva». Lo spazio è suggestivo e struggente: mentre si riparano muri e si sistemano parti dell'edificio, giovani studenti suonano il piano. «Sarà un padiglione più da vivere che da vedere» precisa Zabotti, ricordando che a Venezia esistono 280 associazioni attive che si occupano di promozione sociale, «una Serenissima che pochi conoscono e che qui troverà spazio e voce».
Al lavoro sul complesso ci sono già restauratori professionisti ma anche chiunque vorrà apprendere le tecniche di base e contribuire «alla cura di questo spazio pubblico» dove sarà allestita anche una mensa gestita da una cooperativa sociale e, in collaborazione con il conservatorio Benedetto Marcello, saranno aperte sale prove a disposizione di musicisti. Il Padiglione della Santa Sede è un work in progress, un cantiere poco digitale e molto fisico ci ricorda che, prima di ogni altra cosa, Venezia è una città viva e abitata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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