
Nel mondo dell'arte si registra un cauto ottimismo grazie alla prima misura realmente liberale del ministro della Cultura Alessandro Giuli, adottata a fine giugno e ora in vigore. L'Iva sulla compravendita delle opere d'arte è stata ridotta dal 22 al 5 per cento. Un recente rapporto Nomisma denunciava il crollo del mercato interno dell'arte. Il giro d'affari diretto vale 1,36 miliardi di euro e l'impatto economico complessivo ammonta a 3,86 miliardi di euro. L'Iva al 22 per cento era un clamoroso regalo alla concorrenza. Tutta Europa aveva già cambiato passo, tagliando l'aliquota che in Francia è scesa al 5,5 per cento, in Belgio al 6 per cento, in Germania al 7 per cento e in Lussemburgo all'8 per cento. Risultato: conveniva comprare all'estero. Altro risultato: fuga delle grandi case d'aste. Terzo risultato: aumento delle trattative in nero. Tutto ciò senza contare altre gabelle: il 10 per cento di Iva sull'importazione di beni artistici da Paesi extraeuropei, mentre le opere possono tranquillamente sbarcare a Parigi spendendo la metà; e ancora, il 10 per cento applicato alle cessioni effettuate dagli artisti contro il 5,5% dei francesi, come ha raccontato Mimmo di Marzio sul Giornale. Altro fattore di debolezza sono i costi della burocrazia e alcuni vincoli che risalgono addirittura al fascismo. Sempre secondo Nomisma, l'abbassamento dell'Iva potrebbe determinare una crescita del fatturato del comparto fino a 1,5 miliardi di euro nell'arco di tre anni, con un impatto economico complessivo stimato in 4,2 miliardi di euro. Al contrario, mantenendo l'aliquota al 22%, il settore rischiava di perdere fino al 28% del fatturato, con punte del 50% per le piccole gallerie e potenziali ripercussioni per tutti i professionisti coinvolti: antiquari, galleristi, case d'asta, collezionisti, restauratori, trasportatori specializzati, artigiani, assicuratori e artisti. Del provvedimento, Vittorio Sgarbi è stato l'ideatore. A lui chiediamo quindi un commento: «L'Iva al 5% riporta l'Italia in Europa e consente alle opere d'arte di avere lo stesso valore in Italia come all'estero. È una conquista importante per un mercato parallelo e paritario. Fu una mia iniziativa quando la posizione dei mercanti italiani era fortemente minoritaria, e quindi li poneva in una posizione subalterna che occorre riabilitare attraverso questa iniziativa». Ed ecco i benefici secondo il grande critico d'arte: «Questa provvedimento consentirà agli artisti italiani di avere una posizione più autonoma e una capacità di imporsi sul mercato internazionale attraverso opere che non patiscano una forma di tassazione improbabile e impropria. Sono artisti di grande valore, che hanno un respiro europeo, quelli che, con le nuove condizioni di mercato potranno accedere a una dimensione che gli era in qualche modo interdetta. Intuizione della forma, sentimento delle proporzioni, caratterizzano i grandi artisti italiani. È possibile che altri ne appaiano, affermandosi con una capacità che, fino ad oggi, è stata riscontrata per esempio in artisti spagnoli come Antonio López Garcia. Ma potremmo trovare un talento altrettanto sofisticato, anche in un artista italiano. Questo è consentito dalla libertà e dalla capacità di affermazione, senza limiti di norme che pongono condizionamenti agli artisti». Antonio López Garcia ebbe la prima (e per decenni unica) mostra personale in Italia nel 1972 a Torino (Galleria Galatea, catalogo a cura di Giovanni Testori).
Oggi, dopo la morte di Andrew Wyeth prima, e di Lucian Freud poi, López García è considerato il maggior pittore figurativo vivente. I nostri artisti hanno mercato nel mondo? Grazie a questa legge potremo verificarlo più facilmente.