Pauline Karpidas, da oscura segretaria a Signora dell'arte

La storica collezione con pezzi di Magritte, Warhol e Tanguy frantuma le stime da Sotheby's a Londra

 Pauline Karpidas, da oscura segretaria a Signora dell'arte

La «London Collection» di Pauline Karpidas è andata in asta da Sotheby's il 17 e 18 settembre, ed è stato un evento. Da mesi la casa d'aste londinese stava facendo un battage estenuante, e a ragione, per l'eccezionalità della qualità e quantità delle opere messe all'incanto, un tesoro rinchiuso nel principesco appartamento della vedova Karpidas, affacciato su Hyde Park, a Londra. Ma al di là dell'importo delle aggiudicazioni, che hanno sfondato il tetto delle stime e superato i 100 milioni di sterline totali per circa 350 lotti, l'asta è stata eccezionale anche perché ha permesso osservare uno scorcio dell'universo di Pauline Karpidas. Figura di spicco del collezionismo e del mondo dell'arte degli ultimi 50 anni, se in Italia il suo nome non è granché noto, altrove la si paragona a quelle grandes dames dell'arte, come Peggy Guggenheim, che nel '900 hanno benedetto gli artisti con il loro patronage. Ecco, la Guggenheim la conosciamo tutti, perché ha messo in piedi una meravigliosa casa-museo a Venezia. La Karpidas no. Sarà per questa mancanza che, noi italiani, non ce la siamo granché filata? Anche se una casa-museo in effetti ce l'aveva, ma in Grecia.

Sotheby's ha definito l'anziana collezionista inglese, oggi ottantaduenne, come la risposta del mondo dell'arte alla fiaba di Cenerentola. Vero: nata come Pauline Parry nel 1943 in una famiglia operaia di Manchester, studia da segreteria, trova lavoro in un'azienda, ma a 19 anni si licenzia e si trasferisce a Londra per fare la modella. È bella di una bellezza aristocratica, somiglia ad Audrey Hepburn, tanto che ha una fissazione per l'Elisa Doolittle

di My Fair Lady. Così che, quando un paio d'anni dopo si sposta in Grecia, ad Atene, per aprire una boutique di abiti, la chiamerà come quel film. Turning point della sua vita? Sì, ma soprattutto perché un giorno da «My fair lady» entra Constantinos Dinos Karpidas, magnate greco. Molto più anziano di lei, collezionista d'arte a tempo perso, sposato, si innamora di Pauline, divorzia e sposa la giovane Parry, che da allora sarà la signora Karpidas. Sono gli anni '60. Il momento in cui i Karpidas diventeranno la Coppia del jet set del collezionismo scatterà però solo a metà del decennio successivo. Fatale l'incontro con Alexander Iolas: ex-ballerino classico, collezionista, ma soprattutto gallerista favoloso ed estroso, spesso in pelliccia o con memorabili completi sartoriali, Iolas, nato a inizio '900, aveva frequentato De Chirico, Braque, Picasso, Man Ray, Magritte. Negli anni '50 aveva scoperto Warhol, e aveva gallerie a New York, Parigi, Milano, Madrid, Ginevra. Quando nel '74 incontra i Karpidas e nasce la loro amicizia, Iolas ha quasi settant'anni. Vicino alla pensione, torna al lavoro per far loro da advisor. Tra acquisti da privati e colpacci in asta, li guida nella raccolta di una grande collezione di quadri surrealisti, con qualche mirata incursione nella pop art e nelle avanguardie anni '60. È quanto riempiva ogni centimetro quadro delle pareti dell'appartamento londinese dei Karpidas ed è quanto è andato all'incanto nella evening auction del 17 settembre. La day auction del 18 è stata invece dedicata ad arredi, sculture e objet d'art con cui i Karpidas avevano altrettanto riempito ogni angolo dell'appartamento, per una casa di bellezza accecante se non soffocante. Quanto ai dipinti, i top lots dell'asta serale sono stati gioielli come La Statue volante di René Magritte (aggiudicato a 10,1 milioni di sterline), Deux amies di Francis Picabia (3,3 milioni), Titre inconnu di Yves Tanguy (2,5 milioni), più un'altra dozzina di opere, aggiudicate tra 500mila sterline e qualche milione, di Leonora Carrington, Dorothea Tanning, Dalì, De Chirico, Ernst, Picasso. Ma il botto vero l'hanno

fatto gli arredi, in particolare i mobili-scultura dei Lalannes, cioè la coppia di scultori-artigiani francesi Claude e François-Xavier Lalanne, della cui estetica retrò Pauline Karpidas era innamorata. Top lot? Una specchiera da parete del 1995, stimata 350mila sterline e aggiudicata a 3,5 milioni. E poi c'erano una donna di Giacometti, una testa di Magritte, pezzi di Jean Arp, Niki de Saint-Phalle, Louise de Bourgeois, che se ne stavano buttati lì sugli scaffali tra un libro e una lampada, raccolti in decine d'anni con gusto eccentrico ma coerente da Pauline Karpidas.

Alexandre Iolas muore alla fine degli anni '80. Già prima di allora i Karpidas si sono messi alla guida della loro collezione e hanno preso a vivere da connoisseur e mecenati, prima in coppia e poi, quando nel 2005 anche Dinos mancherà, con Pauline a fare da sola. In una spettacolare villa acquistata sull'isola greca di Hydra, la Karpidas ospita collezionisti, curatori, scrittori, e, in residenza, giovani artisti della scena internazionale. A partire dal 1997 apre sulla stessa isola uno spazio non commerciale, l'Hydra Workshop, dove invita, ospita, e ne acquista le opere, artisti come Peter Doig, Tracey Emin, Damien Hirst, Sarah Lucas, Chris Ofili. È qui, nella villa e nell'Hydra Workshop, che nasce il museo personale di Pauline Karpidas, certamente meno turistico della Fondazione Guggenheim in piena Venezia, ma animato dallo stesso spirito di sostegno verso l'arte contemporanea. Con una differenza: non esiste più.

Come l'appartamento di Londra e i suoi surrealisti, anche le proprietà sull'isola di Hydra e la loro collezione sono andati all'asta: da Sotheby's Parigi, nell'ottobre del 2023. In quell'occasione hanno chiesto a Pauline Karpidas se non le pesasse separarsi dalla sua collezione. La serafica risposta della vedova ottantenne? «Hydra era parte della mia vita. Ora è tempo di nuove avventure».

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