Arte

"Pirelli, il potere del colore nel diario della speranza"

Intervista a Prince Gyasi, autore del Calendario 2024: "Naomi ferma il tempo, ma che onore poter fotografare re Otumfuo"

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Pensare a colori ha anche un nome, ma in questo caso vuol dire speranza. Prince Gyasi ha 28 anni e dal Ghana ha creato la sua personalità fatta di mille tonalità: è un visual artist e fotografo, e ha firmato il Calendario Pirelli 2024. Un caleidoscopio di volti tutti legati ai suoi ricordi d`infanzia, che lo hanno ispirato per dare sfumature all`Africa nera. Sinestesia si chiama quel fenomeno che ci fa vedere un suono o sentire un colore, ed è questo che muove Gyasi negli scatti che fanno esplodere le pagine di The Cal, intitolato Timeless, «perché il tempo è un concetto che esprime l`idea di qualcosa di statico, invece questo progetto vuole essere il modo di trovare soluzioni ai nostri problemi in divenire».

Perché tanto colore?
«Perché io penso a colori anche i giorni della settimana. Ho lasciato scegliere ai protagonisti del calendario il loro preferito. Il colore è potere: il mio è il rosa intenso, qualcosa che ispira speranza».

L`Africa però è nera.
«Sì, ma il mio non vuole essere un messaggio politico. Voglio far risaltare ciò che dura nel tempo, perché le cose che non hanno qualità sono destinate a sparire. Mi sono ispirato a quando ero bambino: gli oggetti del calendario parlano di quello. E del sogno di risolvere problemi, che sia il poter accedere agli studi o l'abuso nei confronti delle donne».

Giasy, calendario Pirelli 2024

Che è un problema attuale.
«Io sono stato cresciuto da mia madre, so quanto valore hanno le donne. Nel mio Paese sono la colonna vertebrale dell`economia e della società».

Come ha affrontato l`impegno del calendario?
«Il primo che ricordo è quello realizzato da Tim Burton, che mi ispira ancora oggi. In più ho sempre avuto un bel ricordo di Pirelli perché mia madre usava quegli pneumatici: è un`azienda che fa parte della mia vita personale ma anche di quella di artista, perché sono sempre stato colpito dalla bellezza del suo logo».

Come ha scelto i protagonisti?
«Innanzitutto è stato un onore poter fotografare Otumfuo Osei Tuti II, re degli Ashanti, un popolo nobile della mia terra. Sua Altezza ha sposato il Calendario per lanciare ai giovani del Ghana un messaggio che non sia necessario andarsene per farsi una vita. Il loro futuro è a casa».

E gli altri volti di The Cal?
«Sono tutte persone che mi ricordano l`infanzia. Per esempio, Angela Basset è un`attrice che ha aperto le porte ai giovani per dare loro una possibilità. A lei ho affidato la chiave del futuro».

E Naomi?
«Lei ferma il tempo, è la Time Stopper. Poi c`è Amanda Gorman, scrittrice e poetessa che simboleggia insieme a Margot Lee Shatterly il senso di comunità e di condivisione. Tutti i protagonisti, artisti e attori, hanno avuto un ruolo nella mia vita».

C`è anche un ex calciatore.
«Marcel Dessailly: ha giocato nel Milan. Io però sono tifoso dell`Inter e del Manchester United. Marcel ha scoperto che da liceale organizzavo campionati di basket nel complesso sportivo che aveva finanziato lui e che era suo. Non lo sapeva».

Il futuro dopo The Cal?
«Sono un artista e continuerò ad occuparmi di arte.

Naturalmente sempre a colori».

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