"Una serata comica, l'arte è trasgressiva. Censuriamo anche Mozart o Pasolini?"

Vittorio Sgarbi
Vittorio Sgarbi
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Cazzo! Inizio subito così, almeno ci togliamo il problema. È la parola più proferita ogni giorno da chiunque, non solo popolare ma anche onnipresente nella letteratura, da Boccaccio a De Sade a Pasolini. Per questo insegniamo ai bambini a non dirle, così la ripeteranno sempre a vita. Anche perché non ha mai ucciso nessuno, mentre chi censura le parole sì. Chiamo subito Vittorio.

«Vittorio, ma che è successo?».

Vittorio ride.

«È successo tutto a loro».

«Loro chi?».

«A quarantatré impiegate che di cultura non sanno niente. Io ho risposto a una domanda di Morgan e ho citato Houellebecq, il quale giustamente dice che per un uomo prima il cazzo ha una funzione conoscitiva, dopo i sessantasette anni compare la prostata. Siamo entrambi malati di cancro alla prostata».

Mi sorprende che si siano scandalizzate dell'elenco di amanti che ha citato, da quelle di Fidel Castro fino a Berlusconi (solo cento) e alle sue (non si contano).

«Anche qui» dice Vittorio, «da ignoranti quali sono».

«Capre?» lo interrompo.

«No, peggio ancora, le capre sono più intelligenti Cosa c'è di male nel citare le amanti? Basti pensare al Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte Madamina, il catalogo è questo E cosa facciamo, censuriamo anche Mozart, o Lucio Battisti che cantava Dieci ragazze per me, o Franco Califano, e tanti altri».

La cosa ridicola, dico a Vittorio, è che le 43 moraliste hanno ritenuto profanato «un luogo dedicato alla creatività artistica». Mentre l'arte è sempre stata trasgressione. Se ci fosse stato Pasolini?

«Appunto, si leggano Petrolio»

«Se leggono il capitolo del Pratone della Casilina queste svengono! Te lo ricordi?».

«Come no! E parlano di sessismo» riflette Vittorio.

«Che io non so neppure cosa sia».

«Un'invenzione delle femministe. Tant'è che se fosse stata una donna a dire le stesse cose nessuno avrebbe fiatato. Il sessismo è il loro, e non se ne rendono conto».

Sento Vittorio che traccheggia su uno dei suoi iPhone. E dice: «Che poi una donna che viva una sessualità come quella maschile viene definita ninfomane proprio dalla cultura maschilista. Quindi sessiste sono loro con loro stesse» e mi gira la definizione di ninfomania: «Una forma di ipersessualità femminile. Questo disordine psicologico e comportamentale si manifesta con un'accentuazione esagerata degli impulsi sessuali, tali da assumere caratteristiche patologiche». Non ha torto, Vittorio. Se un uomo ha molte donne è un Don Giovanni, se una donna ha molti uomini è malata.

«C'è poi quello come si chiama quel verde che ha chiesto le tue dimissioni dal governo».

Non mi ricordo mai i nomi dei politici, tanto cambiano sempre e poi non se li ricorda mai nessuno.

«Bonelli!» tuona Vittorio. «Uno che ha stuprato l'Italia riempiendola di quei cazzi di pale eoliche!».

Mi dice che invece è stata una serata comica, vitale, interessante, e io confermo, avendola seguita in streaming. A metà tra cultura alta e commedia all'italiana, come è sempre la cultura quando è tale. Vittorio lo conosco da trent'anni, è un intellettuale ma sa fare spettacolo. Però mentre parliamo leggo anche una dichiarazione del Ministro Sangiuliano, che accusa Sgarbi di volgarità.

«Nessuna volgarità in Mozart» risponde Vittorio. «E tra i capolavori dell'arte contemporanea c'è la Merda d'artista di Manzoni».

«Mi sa che lì parlano d'arte ma se dici Manzoni pensano solo a Alessandro, per reminiscenze scolastiche» rifletto. Intanto Vittorio mi parla di Catherine Millet, critica d'arte francese che ha pubblicato un romanzo autobiografico intitolato la vita sessuale di Catherine Millet, dove racconta nel dettaglio tutti i suoi rapporti sessuali. Avrebbero detto anche a lei la stessa cosa? Io gli cito Dolorosa soror, di Florence Dugas. Mentre finisco di scrivere leggo che anche il PD si è accodato alla richiesta di dimissioni, per volgarità.

Qui sono io a citare un altro grande scrittore, Aldo Busi, che è sempre stato di sinistra: «La volgarità è come la bellezza, sta sempre negli occhi di chi la guarda». Se non sbaglio era tratta da un romanzo pubblicato da Mondadori, intitolato: Cazzi e canguri. Sottotitolo: pochissimi i canguri. Invece qui ci sono troppe capre.

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