La visione della montagna da Escher a Luigi Ghirri

Molti artisti nel ’900 hanno proiettato su cime e massicci le loro inquietudini interiori, da Buzzati a Zoran Mušic

 La visione della montagna da Escher a Luigi Ghirri
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Il celebre Maurits Cornelis Escher, incisore e creatore di mondi distorti, ci mostra la sua idea di montagna durante un viaggio in Sicilia. Nell’aprile del 1932 Escher si imbarca sul vapore Florio da Napoli con l’amico Giuseppe Haas-Triverio alla volta di Palermo. Insieme esploreranno l’isola attratti non solo dalle architetture arabo-normanne delle città, ma anche e soprattutto dalle espressioni più estreme della natura locale. I due visitano l’isola vulcanica di Lipari, la zona dell’Etna, vedono i segni dell’eruzione del 1928 a Giarre e le formazioni laviche a Bronte, a Randazzo ammirano le colonne di roccia lavica della cattedrale. Durante questo viaggio, Escher disegna i paesaggi siciliani in una serie di 23 schizzi, da cui trarrà alcune litografie nel 1932-1933. In una di queste vediamo il paesino di Caltavuturo, incastonato tra le Madonie: il profilo dei pendii è fedele al vero, ma il tratto di Escher consacra il sentimento della montagna alla forza di un timbro, di qualcosa che lascia il segno, destinato a rimanere.
Il paese è incassato tra le vette, sotto l’incombente Rocca di Sciara, che è dominante sulle tracce umane sottostanti. Escher ha più volte ripreso questo contrasto tra natura e cultura nei suoi disegni di paesaggi italiani degli anni venti e trenta, come Palizzi e Pentedattilo in Calabria, insediamenti addossati alla roccia nell’eterna lotta per la vita dell’uomo, che a Caltavuturo, con tutta evidenza, soccombe all’energia della natura. Il paese è appena accennato, un volume schiacciato dalle nuvole del cielo e dalle ombre della montagna.
Da questo punto di vista l’interpretazione di Escher è un percorso intellettuale, molto rarefatto, con poche concessioni al naturalismo.
È un modo per far diventare il paesaggio montano un concetto, e in particolar modo il paesaggio del nostro meridione, dove Escher trova un’essenza diversa dello spirito della montagna.
Nel secondo dopoguerra la montagna si consacra come un luogo di turismo ed evasione, attira villeggianti e sportivi e dunque anche la rappresentazione figurativa asseconda questo nuovo racconto.
Tra le opere di un artista prolifico come Sandro Bidasio degli Imberti, detto SABI, autore di numerose locandine e cartoline pubblicitarie, mi colpisce l’omaggio a Misurina, «perla delle Dolomiti». La forma della conchiglia presenta come il suo tesoro il lago con la vela, il grande albergo, la montagna innevata. Una sorta di sintesi affettiva delle ragioni per cui uno si reca a Misurina: per trovare un luogo di beatitudine di cui la montagna è la garanzia. Una bellissima immagine, che indica quanto anche la comunicazione pubblicitaria possa mettersi in rapporto con il cuore delle terre alte.
Il contributo molto singolare di un grande artista e scrittore nato a Belluno, surrealista, visionario, che è Dino Buzzati, è il dipinto Le Crode dei Marden sotto la luna (1969). È la visione trasfigurata di un visionario, questa apparizione di vette aguzze che sembrano proiezioni verso l’infinito: immerse in un controluce straordinario al chiaro di luna, queste sagome come fantasmi. Buzzati ci restituisce la montagna come ombra, come memoria, come visione tutta interiore, fino all’ossessione e all’allucinazione. È un’immagine potentissima, difficile da dimenticare, di un amante della montagna che è stato un grande scrittore ma anche un pittore surrealista nel senso più vero della parola: la realtà che lui guarda è un incubo, il suo sogno di ossessione e disperazione.
Sembrano emergere dal deserto di un romanzo di Buzzati le Cinque torri del goriziano Zoran Music, un pittore che ho conosciuto bene e che ci ha lasciato venti anni fa quasi centenario. Negli anni Settanta rappresenta un massiccio montuoso come una visione lontana, quasi un’apparizione. Quello che il pittore vede davanti a sé è l’espressione di quello che ha dentro di sé, come in un transfert lui porta fuori la sua emozione più intima, portandola a coincidere con la sagoma incerta delle cinque torri.
L’approdo di questo lungo viaggio seguendo la montagna nell’arte è lo scatto di un grande fotografo padano, di Reggio Emilia, Luigi Ghirri. La sua Alpe di Siusi è una fotografia meravigliosa, piena di poesia, un’istantanea che contiene il sentimento di Segantini, in questa coppia a passeggio da cui promana tutto l’affetto, la dolcezza, il piacere di essere in montagna.

Vanno verso una montagna in cui c’è tutto, una montagna che è reale, perché è fotografata, ma è anche la montagna di Dio, la montagna incantata del mondo che abbiamo davanti. Dio ci aspetta oltre quella montagna, dentro quella montagna, a dimostrazione di come la montagna sia il luogo in cui Dio abita e in cui noi sentiamo che Dio c’è.

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