Aspettando Godot. In una discarica

Una targa posta all’ingresso del teatro Out Off afferma, in modo tanto perentorio quanto spiazzante, che «Godot è arrivato». Eppure, nello spettacolo in scena fino al 7 febbraio, l’enigmatico personaggio beckettiano continua a farsi aspettare: il tempo dell’attesa sembra anzi espandersi a dismisura, ma anche configurarsi come l’unico tempo possibile.
«Aspettando Godot» nella messinscena di Lorenzo Loris ha rappresentato, in trentatré anni di attività dell’Out Off, il più rilevante successo di pubblico e di critica. Inevitabile quindi che, a un anno esatto dal suo debutto, venisse riproposto e iniziasse dal palcoscenico di via Mac Mahon la sua tournée in giro per l’Italia. Samuel Beckett, com’è noto, ha fornito delle minuziose istruzioni per l’uso del suo più celebre testo: Loris le ha fatte proprie senza però attenersene in maniera pedantesca. Il suo «Aspettando Godot» è insomma un esempio di spettacolo filologicamente corretto in cui il regista esercita comunque il ruolo creativo che gli spetta.
Sulla pedana tonda che domina la scena (e che per Beckett evoca la circolarità di ogni percorso storico) troviamo quindi Vladimiro ed Estragone (interpretati da Gigio Alberti e Mario Sala) immersi in un paesaggio postatomico. Alle spalle dei due clochard che attendono il misterioso signor Godot si susseguono immagini di gru, scavatrici e operai al lavoro in uno smisurato e incombente cantiere. Tutto fa pensare che i due stralunati barboni si trovino ai margini di quella società industrializzata che, sullo sfondo, ostenta la sua irrefrenabile potenza. Il clima è da perfetta alienazione metropolitana, appena un po’ mitigato dai bulbi che germogliano da una colonnina di cemento. A completare il quadro ci pensano gli altri infernali personaggi del dramma, Pozzo e Lucky (interpretati da Giorgio Minneci e Alessandro Tedeschi), che si affacciano sulla scena quanto basta per confermare che, come sostiene Loris, il dramma di Beckett è «l’emblema di una società in cui l’uomo vive una dimensione spersonalizzante e raggiunge il paradosso di sentirsi solo in mezzo alla moltitudine».
A differenza di quel che sostiene la «pièce in tre parole» di Giorgio Fabbris, il performer e artista concettuale che ha creato l’insegna all’ingresso del teatro, Godot non arriva affatto.

In compenso «Aspettando Godot» tornerà coraggiosamente all’Out Off in aprile, ma questa volta nella versione proposta da altri due giovani e virtuosistici registi, Annalisa Bianco e Virginio Liberti della compagnia Egumteatro.

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