Paola Fucilieri
Due tentate rapine a tabaccherie nel giro di una decina d’ore; una, quella avvenuta in serata, conclusasi con una sparatoria che forse solo un destino pietoso o una fortuna sfacciata sono riusciti a non trasformare in tragedia. Limitando i danni dell’epilogo al ricovero in ospedale, per 25 giorni, di uno dei due fratelli di origine pugliese contitolari del bar-tabacchi «Dipitetto», in viale Certosa 125; un uomo di 52 anni, trapassato da due colpi di revolver prima alla scapola e poi alla coscia destra, ma che non ha mai corso pericolo di vita.
In entrambi i casi i proprietari delle tabaccherie non si sono piegati davanti ai rapinatori armati, rischiando moltissimo: nel colpo di viale Certosa, però, la dinamica dei fatti ha sfidato duramente la sorte per ben due volte.
Nel bar-tabacchi di viale Certosa i fratelli Gerardo e Vito Salvatore Dipitetto, rispettivamente 52 e 54 anni, sono dietro al bancone del bar, intenti a servire un paio di clienti. Non manca molto alle 19.30 quando nel locale entrano due uomini sui quarant’anni. Non sono clienti abituali, nessuno li ha mai visti. Uno dei due resta sulla porta aperta del bar, l’altro si dirige verso la porticina in legno che separa il bancone dai clienti, cercando di aprirla.
Vito Dipitetto, che lo osserva, reagisce subito. E malamente. «Che stai andando a fare tu lì dietro? Che vuoi?». Una manciata di secondi e i due sono vicinissimi; lo sconosciuto non ci mette molto a palesare le sue intenzioni. Ed è mentre indica con la testa la cassa dietro al bancone e mostra il revolver che ha in mano a Vito, che, con un forte accento campano, il balordo sibila: «Se cacci subito i soldi non vi succede niente». Il proprietario del bar, però, non sembra impressionato: l’arma è solo la conferma concreta a quello che aveva già supposto. È allora che il rapinatore spara verso di lui i primi due colpi di revolver. E lo manca. Forse per caso, perché vuole solo intimorirlo, forse no.
Dopo i primi spari, però, tutto cambia. I rapinatori si lanciano uno sguardo rapidissimo e concordano così al volo che è meglio andarsene subito di lì, così, a mani vuote. Ed è qui che entra in scena inaspettatamente Gerardo, l’altro fratello contitolare del locale. Che, forse in un impeto d’ira, si butta addosso al rapinatore armato per fermarlo. Ma l’altro deve scappare ad ogni costo, il complice ha già raggiunto l’utilitaria di colore scuro pronta per la fuga. Così spara ancora, altre due volte. È un corpo a corpo quello tra lui e Gerardo. E stavolta i colpi del revolver vanno a segno così da vicino che sui fori d’entrata, più tardi, i medici del Sacco potranno vedere le bruciature. La caccia all’uomo da parte della polizia, invece, per il momento non porta a niente. E i due avventori del bar finiscono in questura come testimoni oculari dei fatti.
Un piccolo trauma cranico, una fortissima emozione e una prognosi di 8 giorni, costituiscono, invece, il leggero bilancio del tentativo di rapina capitato a Filippo C., un tabaccaio di 63 anni, nel suo negozio di via Vittani, a Quarto Oggiaro. Anche il balordo che, poco prima delle 9.30, è entrato nella sua tabaccheria, vuota in quel momento, era armato di pistola. Anche lui era a volto scoperto e sulla quarantina. E, puntandogli la pistola contro, gli ha intimato di consegnargli il contante che aveva in cassa, quindi gli ha afferrato con violenza il polso per strappargli il Rolex. Il signor Filippo, inaspettatamente, ha però ritirato il polso con forza, cercando di impedire a quel tipo di portarsi via anche il suo orologio. Davanti alla tenacia del tabaccaio, l’altro lo ha colpito con il calcio della pistola alla testa.
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