da Milano
Non enfatizzata finora dalla Federal reserve, la crisi dei mutui subprime preoccupa invece il Fondo monetario internazionale. Che, a dispetto delle misurazioni «spannometriche» della banca guidata da Ben Bernanke (fra i 50 e i 100 miliardi di dollari la perdita stimata per il settore), fornisce cifre molto più precise sullentità del problema, sostenendo che un prestito su due stipulato in America nel 2006 è a rischio. Ad alto rischio. Ovvero, è stato concesso senza che venisse valutata a fondo la possibilità che i richiedenti fossero effettivamente in grado di rimborsare limporto ottenuto e i relativi interessi.
Il quadro, tuttaltro che rassicurante, emerge da uno studio condotto sulla situazione delle ipoteche immobiliari concesse negli Stati Uniti nel corso del 2006. «Fino al 2003 - si legge nel documento pubblicato di recente dal titolo "Money for nothing and checks for free" - la maggior parte dei mutui erano prestiti pienamente garantiti, e pertanto sottoscritti da società sponsorizzate dal governo (Gse)». Ma, nel 2006, «più della metà dei prestiti stipulati non rispettava i criteri di conformità fissati dalle Gse», sottolinea il documento, spiegando che nellanno passato solo il 36% delle ipoteche era conforme.
Il 21% dei prestiti erogati era subprime, ovvero con le minori possibilità di rimborso, un altro 25% era Alt A, cioè mutui immobiliari di fascia comunque medio-bassa, e un altro 15% erano prestiti jumbo, cioè di importi superiori a quelli ritenuti conformi secondo i parametri delle società governative. E se nel periodo dal 1999 al 2006, il volume complessivo del mercato ipotecario è cresciuto solo di sei volte, il numero delle ipoteche ad alto rischio è aumentato di dodici volte.
Il Fondo spiega come la crescita del prezzo delle case ha fatto sì che sempre più ipoteche cadessero dalla categoria prime a quella subprime.
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