da Roma
«Ancora un atto contro la vita, ancora una volta la scienza viene messa al servizio della morte». Proprio mentre allospedale SantAnna sta per riprendere la sperimentazione della pillola abortiva, la Ru486, con il benestare del ministro della Salute, Francesco Storace, lOsservatore Romano scomunica luso del farmaco e il vescovo di Civitavecchia, monsignor Girolamo Grillo, chiede di bloccare la sperimentazione aggiungendo che è «impensabile che ogni Regione faccia di testa sua».
Sul quotidiano della Santa Sede si evidenziano «le radici comuni della contraccezione e dellaborto come frutti di una medesima pianta». Già quando fu approvata la legge sullaborto, scrive lOsservatore, si disse che linterruzione volontaria della gravidanza non doveva essere considerata mezzo di contraccezione, mentre ora la sperimentazione della Ru486 a Torino «torna a svelare cosa stava dietro tali affermazioni». Lobiettivo, denuncia il Vaticano, è quello di rendere «laborto una sempre più facile contraccezione, la più tragicamente efficace: si è ormai arrivati ad un tale oscuramento delle coscienze da ritenere atto di libertà luccidere il più indifeso degli innocenti. Un atto di libertà massimo quanto un omicidio, perché di omicidio vero e proprio si tratta, diventa estremamente facile». Per la Chiesa non cè alcuna differenza tra pillola e aborto chirurgico. «La pillola che distrugga lovulo fecondato o ne impedisca limpianto, produce un effetto abortivo, lesivo della vita di un essere umano. Si consuma laborto, un delitto, tanto se lo si compie chirurgicamente quanto se si tronca la vita nei primissimi stadi di sviluppo con un farmaco. È questa, unipocrisia crudele, una cultura di morte che si vorrebbe tingere di forma legale».
Un attacco durissimo in contemporanea con il consenso del ministro che promette «non ci sarà ostruzionismo». Storace è in attesa del nuovo protocollo dal SantAnna. «Se andrà incontro alle nostre richieste - spiega - siamo pronti a dare il via libera alla ripresa della sperimentazione».
Ma la Chiesa insiste e don Emilio Silvestrini, bioeticista e segretario emerito della Pontificia Accademia per la Vita, chiede ai medici di fare «obiezione di coscienza». Il sacerdote, ammonisce sul fatto che «compito della medicina deve essere quello di guarire e non di troncare la vita». Per Silvestrini la ripresa della sperimentazione coincide con «una giornata di lutto» perché «in ogni caso rappresenta sempre la morte dellembrione».
Le critiche della Chiesa scatenano la reazione del coordinatore della segreteria dei Ds, Vannino Chiti. «È un intervento che giudica e divide anziché sforzarsi di riflettere e far riflettere», dice Chiti.
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