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Il bue e dell’asinello, perché sono diventati simboli del presepe

I due animali, assenti nei Vangeli ma centrali nel presepe, nascono da arte, testi antichi e simbolismo cristiano. Dalle origini paleocristiane a San Francesco, raccontano storia, cultura e spiritualità del Natale

Il bue e dell’asinello, perché sono diventati simboli del presepe

È difficile immaginare un presepe senza il bue e l’asinello accanto alla mangiatoia. Eppure, questi due animali così familiari alla tradizione natalizia non compaiono in nessuno dei Vangeli canonici. Né Luca Matteo, le fonti principali sul racconto della Natività, citano la loro presenza accanto al Bambin Gesù. Allo stesso modo, la Bibbia non specifica se la nascita sia avvenuta in una grotta, in una stalla o in una semplice capanna. Molto di ciò che oggi consideriamo “tradizione” è il risultato di secoli di stratificazione culturale, artistica e simbolica.

A fissare nell’immaginario collettivo la scena della Natività così come la conosciamo oggi fu San Francesco d’Assisi. Nel 1223, di ritorno dalla Terra Santa, mise in scena a Greccio il primo presepe vivente della storia, dando forma concreta a un racconto che fino ad allora era stato affidato soprattutto all’arte e alla predicazione. Da quell’evento, avvenuto oltre ottocento anni fa, nasce una tradizione destinata a diffondersi in tutta Europa.

Una tradizione che non nasce dai Vangeli

Come ricorda il saggista e divulgatore Emmanuele Macaluso, autore del volume Viaggio nel Presepe – 1223-2023: 800 anni di presepe da Greccio a oggi, molte delle certezze legate al presepe non hanno un fondamento biblico diretto. Il bue e l’asinello, in particolare, non sono citati nei testi sacri della Natività, ma entrano nella scena per il loro forte valore simbolico.

Secondo un’interpretazione storica diffusa, il bue rappresenterebbe l’Impero romano, forza dominante dell’epoca, mentre l’asino simboleggerebbe il popolo ebraico, sottoposto al peso delle tasse e del dominio imperiale. La loro presenza accanto alla mangiatoia serve quindi a collocare la nascita di Gesù in un preciso contesto storico, segnato da oppressione e disuguaglianze.

Le prime immagini cristiane

Ben prima del presepe di Greccio, il bue e l’asinello compaiono già nelle raffigurazioni cristiane dei primi secoli. Sono presenti in sarcofagi paleocristiani, affreschi e mosaici risalenti al IV secolo, quando il Cristianesimo comincia a esprimersi anche attraverso l’arte, dopo la fine delle persecuzioni romane.

Una delle testimonianze più note è il cosiddetto Sarcofago di Stilicone, conservato nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano, databile tra il 380 e il 400 d.C. Qui il Bambino è raffigurato solo nella mangiatoia, senza Maria e Giuseppe, affiancato esclusivamente dal bue e dall’asino, un’immagine potente che sottolinea il valore simbolico degli animali come primi “testimoni” della nascita.

Le radici nell’Antico Testamento e nei testi apocrifi

Alcuni studiosi collegano la presenza dei due animali a un passo del profeta Isaia, "Il bue conosce il suo padrone e l’asino la mangiatoia del suo signore". Un versetto che richiama il tema del riconoscimento e della fedeltà, contrapponendo la saggezza degli animali all’incomprensione degli uomini.

Anche i Vangeli apocrifi, come quello dello Pseudo-Matteo, rafforzano questa immagine, raccontando che il bue e l’asino adoravano il neonato nella stalla. Un altro riferimento simbolico viene individuato nel libro del profeta Abacuc, dove si parla di Dio riconosciuto “in mezzo a due esseri viventi”, interpretati dalla tradizione cristiana proprio come il bue e l’asino.

Dal presepe francescano alle tradizioni regionali

Quando San Francesco mise in scena la Natività a Greccio, il bue e l’asinello erano ormai figure consolidate dell’iconografia cristiana. Da quel momento, il presepe si diffuse in tutta Italia, adattandosi ai contesti locali. A Napoli comparvero rovine classiche, colonne e personaggi popolari come Pulcinella; in Trentino-Alto Adige i pastori indossano abiti tirolesi; nei presepi piemontesi si riconoscono cascine e paesaggi rurali dell’Ottocento.

Ogni territorio ha sentito il bisogno di “entrare” nella scena della Natività, inserendo elementi familiari e riconoscibili. Il presepe diventa così un racconto universale che parla lingue diverse, mantenendo intatto il suo nucleo simbolico.

Gli altri animali della stalla

Accanto al bue e all’asinello compaiono spesso altri animali. Le pecore e gli agnelli, citati esplicitamente nel Vangelo di Luca, richiamano il tema del gregge e del pastore, centrale nella simbologia cristiana. I cani da pastore, presenti in molti presepi, rappresentano la vigilanza e la protezione.

Non mancano poi animali esotici come cammelli, elefanti e cavalli, legati alla tradizione dei Re Magi. Secondo una lettura simbolica, questi animali rappresenterebbero i continenti conosciuti all’epoca, Africa, Asia ed Europa, e sottolineerebbero l’universalità del messaggio cristiano. Non a caso, queste figure entrano nel presepe solo con l’Epifania.

Una tradizione tra arte, fede e futuro

Il presepe non è soltanto un simbolo religioso, ma anche un’espressione artistica e culturale che per secoli ha rappresentato un vero e proprio “made in Italy”, diffuso nelle corti europee come oggetto di prestigio. Oggi, però, secondo molti osservatori, questa tradizione rischia di affievolirsi, i giovani sembrano meno attratti dalla costruzione del presepe, sostituita spesso da immagini digitali e simboli più immediati.

Eppure, proprio il bue e l’asinello continuano a ricordare che il presepe è molto più di una

decorazione natalizia, è un racconto antico, fatto di simboli, storia e interpretazioni, che nei secoli ha saputo parlare a culture diverse senza perdere il suo significato più profondo.

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