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"La cultura di destra non è libera". Il triste commiato di Lagioia

Il direttore uscente del Salone del Libro traccia un bilancio delle ultime sette edizioni sotto la sua responsabilità e non risparmia attacchi ingenerosi agli intellettuali di centrodestra

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È veramente triste l'addio che Nicola Lagioia riserva al Salone del Libro di Torino. Non tanto per motivi legati alla nostalgia delle sette edizioni sotto la sua direzione, ma quanto per gli attacchi gratuiti che riserva tout court al centrodestra. La sua intervista rilasciata a Repubblica, infatti, più che un tracciamento del bilancio sul lavoro svolto nel capoluogo piemontese dal 2017 a oggi, è un'invettiva nei confronti della maggioranza di governo e degli intellettuali di quell’area politica che - lui considera - ostaggi dei partiti.

Il ragionamento di Lagioia su cultura e libertà

Se l'aggressione delle femministe e degli ambientalisti al ministro Roccella di sabato scorso - che aveva come obiettivo quello di censurare opinioni non gradite - era stata archiviata come una "normale dialettica democratica" da Lagioia (anzi, aveva stigmatizzato la reazione di Augusta Montaruli in difesa del ministro della Famiglia), come se il problema fosse chi si è indignato e non chi ha provato a censurare opinioni non gradite - Lagioia adesso riesce nell'impresa di non citare minimamente questo episodio. Il suo narcisismo lo porta ad autoincensarsi, parlando addirittura in prima persona plurale. "Voglio essere ricordato per quello che abbiamo fatto in questi sette anni", è il suo (anzi, il "loro") auspicio.

Alla domanda riguardante il colore politico della Fiera, lo scrittore non ha dubbi "Salone di sinistra? L'egemonia culturale della sinistra è un'ossessione della politica, non di chi si occupa di cultura". Poi, riferendosi direttamente alla classe politica della destra, afferma che è quella "che legge meno in Europa. Per questo dico che bisogna andarle in aiuto. Non sanno niente". Dopo l'insulto nemmeno troppo velato sull'ignoranza, a un certo punto arriva un altro giudizio confusionario. "Io penso che in questo momento, con il governo che c'è, gli scrittori e gli intellettuali di destra abbiano un'enorme occasione, possono smarcarsi dalla politica. Perché, vede: è vero che la maggior parte degli scrittori e degli intellettuali in questi decenni è stata di sinistra. Ma sono stati scrittori e intellettuali che hanno avuto spesso un rapporto molto duro con i partiti di riferimento: anche quando erano al governo. Dare addosso al Pd è stata una costante. Invece, l'intellettuale di destra è più organico".

La barzelletta sulla "pacificazione"

Insomma: secondo Lagioia, la destra culturale non avrebbe libertà autonoma di pensiero. E i famosi intellettuali organici al Partito Comunista non sono mai esistiti, nonostante fosse una definizione che era stata inventata da Antonio Gramsci e che aveva trovato la sua piena applicazione soprattutto a partire dagli anni Cinquanta. No. L'autore de La città dei vivi si aspetta "di vedere un intellettuale di destra che si mette ad attaccare il governo o un ministro. Sarebbe una svolta importante. Gli scrittori di destra dimostrino che la cultura vale più della politica. Azzardo: una vera pacificazione, nel mondo della cultura, non può che passare da qui".

Tuttavia, vista la violenza verbale di sinistra che ha impedito fisicamente alla Roccella di potere presentare il proprio libro al Salone, bisognerebbe rivolgersi ad altri di smettere di fare la guerra e potere cominciare una fantomatica "pacificazione".

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