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Le 41 identità e l’espulsione impossibile: così l'immigrato beffa i giudici

Un cittadino algerino sorpreso a rubare: il giudice di pace firma il rimpatrio, la Cassazione lo annulla: "Motivazioni carenti per il trattamento nel Cpr"

Le 41 identità e l’espulsione impossibile: così l'immigrato beffa i giudici

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Le 41 identità e l’espulsione impossibile: così l'immigrato beffa i giudici

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Ha veramente del clamoroso la storia di Nadir Athmane Iftene (nome ancora da confermare), cittadino algerino immigrato di 47 anni, rapinatore seriale, nonché giocoliere d'identità. Per non essere espulso dall'Italia aveva progettato un sistema affidabile: dopo aver compiuto reati, infatti, forniva un nome diverso al momento di essere identificato e cacciato: in totale 41. Uno stratagemma talmente ingegnoso che la sua difficile identificazione ha convinto i giudici della Corte di Cassazione a liberarlo. Motivo? È impossibile accertare la sua nazionalità. Una vicenda assurda che ha (quasi) i contorni di un film comico.

L'edizione milanese del Corriere della Sera racconta nei dettagli la rocambolesca fuga dall'atto di allontanamento dal nostro Paese. Il migrante era specializzato nella tecnica della "ruota bucata", per cui si attende l'arrivo del proprietario per portare via zaini e borse mentre è occupato a sostituirla. Dopo essere stato arrestato, nel 2018, riceve un ordine di lasciare l'Italia entro sette giorni, ma lui non lo rispetta, come è consueto per i primi "ordini di allontanamento". I quali, però, sono presupposto per il successivo rimpatrio.

Il ricorso in Cassazione dell'immigrato

Si arriva così al 23 maggio 2022, quando Nahir viene colto in flagrante mentre sgonfia con un coltellino la gomma di una macchina in zona Portello e si ritrova addosso i poliziotti. Visto che l'uomo ha diversi precedenti, il prefetto firma un decreto di espulsione coatta. La questura di Milano porta Iftene nel Centro di permanenza per i rimpatri di Torino, in attesa di organizzare il viaggio nel suo Paese di origine; Il 27 maggio il giudice di pace di Torino convalida il trattenimento nel Cpr e l'11 giugno la questura chiede l'assistenza del consolato dell'Algeria. il 20 giugno - siccome i documenti non ci sono ancora - chiede una proroga della permanenza nel Cpr, sempre in attesa di identificazione certa. Il giudice di pace convalida anche questa richiesta.

A questo punto il cittadino algerino si rivolge alla Cassazione, sottolineando che il soggiorno in un Centro di permanenza per i rimpatri implica una privazione della libertà personale e che quindi per tutti gli atti va verificata la legittimità: la convalida viene annullata senza rinvio dagli ermellini: questo perché il giudice di pace si era limitato ad affermare che contro il decreto di espulsione l'uomo non aveva fatto ricorso, ma senza spiegare di avere accertato la correttezza dell'atto.

Il caso simile su un nigeriano

Per motivi sempre connessi a problemi burocratici e trascuratezza amministrativa, anche un'altra espulsione è stata bocciata recentemente dalla Cassazione nei giorni scorsi. Il 10 dicembre 2022 la prefettura aveva firmato il decreto di espulsione di un uomo (presumibilmente) nigeriano; la questura lo aveva portato al Cpr di via Corelli e il 12 dicembre il giudice di pace aveva convalidato il trattenimento. La stessa identica ricerca per l'accertamento di identità e nazionalità era ripartita con i consolati.

La questura aveva anche l'aiuto di un ufficiale di collegamento della Repubblica di Nigeria e il giudice di pace aveva convalidato la proroga del soggiorno nel Cpr in attesa identificazione, ma usando un modulo prestampato, in cui aveva messo una crocetta sull'opzione "gravi difficoltà" nell'accertamento dell’identità, lasciando in bianco le due righe per la motivazione. La ratio è la medesima stessa del caso dell'algerino: la limitazione della libertà personale va correttamente argomentata.

Quindi, altro annullamento.

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