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Nemesi dei vegani, il chilometro buono, il successo: parla Giorgione

Re dei social network tra video e meme, Giorgio Barchiesi è l’oste più amato d’Italia: “Ma io sedici anni fa non avrei mai nemmeno immaginato di fare cucina”

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Una dose generosa di olio, una noce di burro, una smucinatina, il lardo come base dell’esistenza. Modi di dire e dogmi diventati virali, emblema di una filosofia semplice e genuina, che non segue le mode e prova a coniugare tradizione e innovazione. Anche se alla fine fa sempre come gli pare. Giorgione, al secolo Giorgio Barchiesi, è l’oste più famoso e amato d’Italia, capire il perché è semplice. Nato in una famiglia tipicamente borghese romana, ha rubato i primi trucchi dalle sue tate – in particolare da quella tirolese – e si è sempre messo in gioco. Ha fatto il veterinario per tanti anni, poi il rientro in azienda, le esperienze in giro per l’Italia e la "pazza" scommessa su un futuro in cucina. Il resto è storia: Gambero Rosso, il successo della sua creatura "Alla via di mezzo" di Montefalco (Perugia) e l’amore di migliaia di italiani.

Ti saresti mai immaginato questo successo?

“Io sedici anni fa non avrei mai nemmeno immaginato di fare cucina. Lavoravo in un altro campo, la cucina non c’entrava niente. Ma ho sempre cucinato: vengo da una famiglia borghese dove si mangiava bene, c’era convivialità, gli amici venivano sempre a pranzo, c’era grande scambio generazionale. Ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza con grande apertura mentale. Mia madre mi diceva: ‘Vai incontro alle cose con la curiosità, non con la diffidenza. Soprattutto nei confronti delle diversità, non mettere muri: vai con l’emozione’. Avevo quattordici anni, ma lo ricordo ancora”.

Nel mondo di oggi, sempre più veloce, si è persa un po’ quella convivialità…

“Non è che si è persa, è che gli schermi sono accesi anche a tavola. Non c’è più la chiacchiera, non c’è più la confidenza. Oggi è tutto messo in discussione da un mondo virtuale, non c’è più il privato. Io sono anziano: ho bisogno di uno sguardo, di una fisicità per entrare in un rapporto. Ecco, si è persa l’umanità del rapporto. Diventiamo tutti un po’ virtuali e falsetti”.

Come hai iniziato questo viaggio?

“È iniziato tutto nel marzo del 2007. C’era un locale di proprietà di due ragazzi qui vicino, a Torre del Colle, che stava andando male. Sono andato a vedere questo posto e ho scoperto qualcosa di meraviglioso, con un frantoio bellissimo. Mi si è accesa la lampadina e ho fatto la pazzia. L'investimento non era grosso. Ho parlato con i proprietari delle mura e gli ho detto: ‘Se tra un anno non va, ci salutiamo’. Inaspettatamente ha avuto un grande successo, dopo due mesi avevo già il ristorante tutto prenotato per i sei mesi successivi con una proposta molto semplice: un grande antipasto, due primi, due secondi, due contorni e tris di dolci per 15 euro. Non c’è trattativa, è insindacabile: quella è la mia proposta, se ti piace mangi altrimenti te ne vai. La voce si è sparsa ed è andata avanti così per cinque anni. Poi è arrivato anche il Gambero Rosso. Dopo cinque anni, i proprietari delle mura mi triplicano l'affitto. Ho chiuso e dopo un anno ho trovato un locale a Montefalco e ho ricominciato”.

Il successo è lapalissiano. La tua proposta è originale, ma oggi la cucina è anche spettacolo…

“E hanno rovinato generazioni di studenti di scuola alberghiera: oggi sono tutti chef. Rispetto i grandi chef, io faccio una proposta totalmente diversa: io te do da magnà. Quando vai nel ristorante di uno chef, vai a fare un’esperienza: vai a vedere un bel piatto, noti i particolari, ma non vai a mangiare. Io ti do da mangiare, ti nutro. E non sto attento al grasso, non sto attento a questo o a quell’altro. Il menù lo cambio tutti i giorni, mi annoierei a fare sempre le stesse cose. Non essendo legato alla carta, io al mercato compro quello che mi pare. E attenzione, per me il chilometro zero è una stupidaggine. Io sono per il chilometro buono”.

Ovvero?

“Non è la provenienza che fa il prodotto buono ma chi lo fa. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato curioso. E anche per questo faccio una cucina ‘come me pare’, in base a quello che trovo. Io sono molto legato alla materia prima, sono attento a cosa compro”.

Spesso ti soffermi sull’importanza del tempo…

“Penso alla carne. Il tempo per fare uno stracotto o un bollito non c’è più. Ora c’è tempo solo per la fettina: mangiatela tu bella secca e stoppacciosa. Non so cosa vi viene in mente (ride, ndr). Ma c’è un’altra cosa che da tempo mi fa pensare…”.

Ossia?

“Se vai in farmacia, cosa noti subito? Solo integratori. Per questo dico: mangiate tutto, figli miei. Perché se mangiate tutto state bene e non avete bisogno di integratori. Se stai male prendi il farmaco, non un integratore!”.

Negli ultimi tempi si è parlato molto del presunto cibo del futuro, tra la farina di grillo e gli insetti fritti.

“Il cibo è cibo. Se tu vai in giro per il mondo, mangiano cose diverse dalle nostre. Il vero problema è la soglia della fame in giro per il mondo. Se esistono alimenti che possono risolvere questo problemi, ben vengano. Io sono stato in Africa e ho mangiato di tutto, poi può piacere o meno. Ora, finchè noi avremo ciò che adesso abbiamo, bene. Io non demonizzo nulla, se non il fatto che tutto questo può essere frutto di speculazione: speculazione alimentare, speculazione mediatica… Ma del resto è anche sbagliato stigmatizzare certi tipi di OGM, perché se non ci fossero verrebbero meno dei prodotti che danno da mangiare a un sacco di gente. Io demonizzerei di più l’allevamento intensivo sbagliato, perchè spazi per allevare bene le bestie ce ne sono tanti”.

Giorgione

Tu valorizzi l’elasticità, ma il mondo vegano no. Qualche critica ti è arrivata dai più intolleranti…

“I cosiddetti detrattori… Ma l’uomo è un animale onnivoro! Mi sta bene tutto, mi sta bene che tu sia vegano per certe violenze nei confronti degli animali. Ma io vivo in campagna con polli e galline: li allevo benissimo, siamo felici e contenti ma quando è arrivato il momento me li mangio. È nelle cose: vai a dire al leone di mangiarsi la foglia di insalata, ti dice 'mangiatela te'. Io mangio la foglia di insalata, ma anche il pollo, la bistecca, l’anatra. La nostra nutrizione è ciò che ci ha fatto diventare persone. Tu sei libero di fare quello che vuoi, ma se mi dici che per te un fagiolo è uguale a una bistecca io devo dirti che non è vero. L’alimentazione sana e bilanciata è la dieta mediterranea, per forza, mica siamo in Cecenia! Mangiamo tutto, perché dobbiamo circoscrivere la nostra alimentazione secondo delle mode dettate dall’industria degli integratori? Se mangi tutto, non ti serve niente”.

Un altro tuo cavallo di battaglia è legato alla spesa…

“Per esempio sulla farina: meglio comprare le farine grezze, fatte qui vicino. Se spendi 2 mila euro per un telefonino e non per mangiare meglio, sei un malnutrito deficiente. Perché non c’è bisogno di spendere tanto di più per mangiare bene, bisogna solo scegliere e non farsi influenzare da questa pioggia di roba che arriva dalle tv o dai supermercati”.

Sempre più chef protagonisti degli spot pubblicitari. Quanto può influenzare il mangiare bene?

“Io dico questo: se prendi soldi da qualcuno, devi fare come ti dice quel qualcuno. In Italia di prodotti buoni e sani ce ne sono tanti, bisogna andarseli un po’ a cercare. Anche la grande distribuzione offre dei prodottini fatti per bene e non è vero che costa così tanto di più. Se vai a comprare un litro d’olio per pochi euro, si tratta di una sostanza grassa che non sa di niente. Ma se sei disposto a spendere 40-50 euro per una bottiglia di vino, perché non spendere qualcosa in più per l’olio? Ce ne sono tantissimi tipi in Italia - più di 590 - tutti diversi tra di loro. Bisogna stare un pochino più attenti al prodotto iniziale, perché dopo stiamo meglio tutti quanti. E i bambini...”.

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Prego.

"Non vengono educati al sapore. I genitori non hanno più il tempo per fargli quei panini con il pomodoro 'sfracagnato', burro e sale, gli danno quelle merendine che gli foderano la bocca di sapori non veri... Io sui social faccio gli 'sdigiunini' proprio per dire: 'Signori, tiriamo fuori qualcosa che abbiamo in casa, mangiamo bene'. Le merendine vengono trattate con l'alcol, vogliamo fare di questi bimbi dei piccoli alcolizzati?".

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

"Io voglio parlare di cibo, di territori e di persone. L'Italia è bella, quando posso la visito. Quando non posso, mi invento qualcosa qui a casa. Ci sono tante cose da raccontare, spero di fare arrivare il messaggio a chi sta dall'altra parte del televisore che il cibo non è trattativa, che può essere buono, che esistono posti meravigliosi. Parlare di storie vuol dire anche parlare in italiano, cosa che purtroppo con questi social sta venendo meno: i ragazzi non sono scemi, ma sono costretti a diventare degli automi. Io guardo con orrore il bambino di 5-6 anni con il telefonino in mano che gioca.

I ragazzi a tavola anzichè parlare, chattano: mi verrebbe da dirgli 'che cazzo state facendo' (ride, ndr)".

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