Nuova catena di Sant’Antonio su WhatsApp: non inoltrate niente, accendete il cervello

Tutti difensori della riservatezza, i medesimi che ogni giorno danno i propri dati a qualsiasi app e riempiono i social con la loro vita minuto per minuto, dalla colazione al tramonto e selfie in ogni parte del mondo o del giardino di casa

Nuova catena di Sant’Antonio su WhatsApp: non inoltrate niente, accendete il cervello
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Oggi mi sono svegliato e ho trovato non so quanti messaggi uguali su WhatsApp, e anche di familiari, che credevo di aver educato. La mia compagna Maria Sole, la sua segretaria Alessandra, Angelica, più una decina di conoscenti. Sarà capitato anche a voi di riceverne uno (se arriva a me arriva a chiunque). Sto parlando di un testo che annuncia che da oggi l’intelligenza artificiale di META può entrare in tutte le chat, nei gruppi, vedere i numeri di telefono, accedere persino alle conversazioni private, a meno che... a meno che non si attivi la famosa “Privacy avanzata della chat”. Alla fine naturalmente l’ordine: inoltra subito a tutti i tuoi contatti! Dove uno scimpanzé sarebbe sospettoso, l’uomo inoltra.

È impressionante la rapidità con cui si attiva questo istinto, cioè quella che chiamata “catena di Sant’Antonio”: non importa se abbia senso o no, scatta come un riflesso, senza un minimo di senso critico. È la versione digitale della superstizione, non più “se non lo fai ti capita una disgrazia”, piuttosto “se non lo fai sembri quello che non ha avvisato gli altri” (però secondo me l’istinto primitivo della disgrazia c’entra sempre).

Tra l’altro, è una combo perfetta, siccome oltre all’invito a inoltrare c’è la parolina magica “privacy”, e si sa che basta la parola privacy e tutti vanno nel panico (ma che siete terroristi?). Tutti difensori della riservatezza, i medesimi che ogni giorno danno i propri dati a qualsiasi app e riempiono i social con la loro vita minuto per minuto, dalla colazione al tramonto e selfie in ogni parte del mondo o del giardino di casa, quasi davvero ci fosse qualcuno interessato a saperlo (tutti guardano tutti per imitarsi a vicenda: guardi una storia della Ferragni e la rifai uguale e idem con la Canalis che è uguale a quella della Ferragni che è identica a quella di Caterina Balivo sulla barca davanti ai faraglioni, che due faraglioni).

Il paradosso è che ognuno condivide se stesso e a nessuno importa nulla degli altri, anche qui scimmiottamento continuo (scimmiottamento tra l’altro, come spiega Giorgio Vallortigara tra le grandi scimmie antropomorfe siamo quelle che “scimmiottano” di più, e questo in realtà è un vantaggio culturale, ma è anche un altro discorso).

In ogni caso torno a WhatsApp: va da sé che non c’è nessun pericolo del genere: i messaggi sono cifrati, Meta non li legge, non esiste nessun pulsante nascosto che abilita o disabilita l’accesso dell’AI. Se scrivi a un bot di Meta sei tu che stai scrivendo a lui, non lui a te, e non c’è nessuna intelligenza artificiale che ti fruga nel telefono o nei gruppi. Non serve attivare nessuna opzione, serve solo attivare il cervello. Insomma, ragazzi, signori e signore mie, la prossima volta che vi capita un messaggio preconfezionato di qualcuno, anche se non capite niente del contenuto, capite almeno una cosa: “inoltralo ai tuoi amici” è solo un invito a dimostrare quanto siete stupidi.

Che fare? Rispondete al mittente per dimostrargli quanto lo è lui, magari pregandolo di inoltrare il vostro messaggio a tutti i suoi amici per diffidare dei messaggi che vi chiedono di diffondere un messaggio. Un piccolo passo per un utente di Whatsapp, un grande passo per l’umanità. O almeno per me, per non svegliarmi con il telefono pieno di spam, e lo spam da persone che conosci è ancora più triste.

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