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Dagli antichi romani a Pascoli: la storia della piadina

Oggi è la giornata dedicata alla piadina romagnola. Ecco storia e curiosità di uno dei cibi più amati dagli italiani (e non solo)

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Si celebra in tutta Italia una giornata davvero speciale, tutta dedicata ad una delle leccornie più amata dagli italiani di ogni età: la piadina romagnola. Una bontà tale da ispirare artisti e poeti come Giovanni Pascoli che la definì " il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli".

Come tante altre specialità italiane anche la piadina (o piada ) affonda le sue origini nella notte dei tempi.

Già i Romani e ancora prima gli Etruschi amavano accompagnare le portate dei loro banchetti con una gran quantità di pani rotondi e azzimi, cotti sotto la cenere. Lo chiamavano clibanicus e andava consumato in fretta ( soprattutto col formaggio) perché tendeva ad indurirsi velocemente.

Il pane azzimo secco con l'arrivo del Cristianesimo venne usato a scopo rituale nell'Eucaristia mentre il suo utilizzo venne abbandonato dai ceti più alti per il consumo quotidiano ripiegato su quello del pane lievitato.

I pani azzimi antenati della piadina divennero quindi diffusi e popolari tra i ceti più umili , come alternativa al ben più costoso pane appannaggio dei ricchi.

Per fare queste piade antiche venivano usate anche farine di castagne e di ghiande, molto più a buon mercato di quella di grano.

Nel 1371 troviamo la prima menzione scritta della piada e della sua ricetta, riportata dal cardinale Anglico de Grimoard durante la sua permanenza in Romagna che la descrive come un semplice impasto di grano, acqua e sale, condito con lo strutto. Un cibo umile e modesto ma già all'epoca richiestissimo tanto da essere corrisposto persino come tributo.

Veniva chiamata in lingua volgare piè, pieda, pida, probabilmente una derivazione dalla pita greca. La Romagna fu a lungo la sede dell'Esarcato di Ravenna e aveva profondi legami con il mondo greco/bizantino dell'Oriente.

Fu proprio uno dei grandi padri della poesia e letteratura italiana, Giovanni Pascoli ad italianizzarne il nome in "piada". Il poeta ne era davvero ghiotto, lo considerava un cibo quasi sacro, elemento imprescindibile della sfera familiare, preparato a mano dalle massaie dalla casa. Il suo amore per questa squisitezza arrivò a tal punto da portarlo a dedicarle una famosa e bellissima poesia.

Dopo di lui anche il crepuscolare Moretti e in tempi non lontani il maestro del liscio Casadei celebravano con odi e canzoni l'amata piadina.

Fu soltanto nel secondo dopoguerra che la piadina uscì dall'ambiente casalingo per diffondersi nelle città e sulle spiagge romagnole. Vennero aperti i primi laboratori artigianali nelle località balneari, la

piadina non venne più considerata un sostituto povero del pane ma una golosa alternativo ad esso.

Divenne un cibo iconico, spesso e volentieri consumato proprio in riva al mare, divenne uno dei simboli stessi della Riviera Romagnola che proprio in quel periodo cominciava la sua dirompente ascesa turistica.

Dai lidi della Romagna le piadine si diffusero quindi in tutta Italia, diventando uno dei prodotti gastronomici più richiesti in assoluto, per la sua bontà è per la sua velocità e comodità nel consumarla.
Così come per la pizza ( sua ancestrale cugina) l'unico limite per farcire una piadina è la nostra fantasia.

Possiamo gustarlo con i favolosi prosciutti crudi o cotti, le culacce, i salumi dell'Emilia Romagna, magari con il tradizionale e delizioso formaggio squacquerone oppure con verdure e mozzarella.

Può anche trasformarsi in un azzeccatissimo dolce, con Nutella, marmellata o panna. La piadina è sempre buonissima.

Una meraviglia figlia della tradizione secolare di una terra a sua volta meravigliosa che nelle ultime settimane ha sofferto molto per le crudeli bizzarrie di un meteo impazzito.

Perciò dedichiamo questa giornata nazionale non soltanto alla piadina ma a tutta la Romagna, vanto e orgoglio di tutta Italia.

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