Quel segreto che accomuna Arbore, Argento e Pozzetto: la lettura da brivido dei gialli di "Segretissimo"

Quarantacinque anni fa il presentatore, il regista e il comico spiegavano la loro passione per i fascicoli spionistici della Mondadori

Quel segreto che accomuna Arbore, Argento e Pozzetto: la lettura da brivido dei gialli di "Segretissimo"
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C’è qualcosa di segreto nella passione di «Segretissimo». Un mistero che ha accompagnato per oltre un trentennio (dagli anni ’60 ai ’90) la passione «nera» degli italiani per «giallo». Mirabolanti racconti di spionaggio narrati dai maestri internazionali della suspance e stupendamente illustrati dalle copertine disegnate (anzi, dipinte) da un artista a tutto tondo (e non solo per il cerchio iconico identificativo dell’intera serie) come Carlo Jacono. Un successo editoria senza precedente che ha accompagnato il Paese lungo un percorso che dal post miracolo economico si è protratto fino alle soglie degli effimeri anni ’90 quando ormai i Salgari del triller erano divenuti anacronistici come i gettoni telefonici ai tempi dell’ iPhone. Nella prima fase milioni di libri venduti a 150 lire e tanta voglia di una lettura facile ma avvincente. E i «Segretissimo» erano il binomio perfetto. Democratici, popolari, intergenerazionali. Dall’intellettuale alla casalinga, un prodotto uguale per tutti, che azzerava le differenze di classe e ceto sociale: una sorta di Coca Cola (stessa bevanda per ricco capitalista e povero proletario), non da bere, bensì da sfogliare. Ma perché tanta comune attrazione da mettere nello stesso calderone fan apparentemente distanti anni luce tra loro per gusti e formazione? Giorgio Galli, a
Arrigo Petacco, Renato Pozzetto e poi Renzo Arbore, l’onorevole Falco Accame, Dario Argento, Emilio Fede ecc. Tutti personaggi che nel 1980 finirono in copertina su una fascetta, ovviamente gialla, con la scritta: «Perché leggo Segretissimo...». Già, «perché?».

Alcune risposte sono deduttive, altre necessitano qualche spiegazione supplementare. Facile immaginare, ad esempio, che un regista «contorto» come Dario Argento (Segretissimo n. 880, 9 ottobre 1980: “Il caso messicano” di Clyde W. Burleson) fosse attratto dalle trame intricate di Segretissimo; che un giornalista come Emilio Fede (Segretissimo n.881, 16 ottobre 1980: “Uscita rossa” di James Pattinson) venisse rapito dalle spy story; che uno showman come Arbore (Segretissimo n. 887, 27 novembre 1980: “Il volo di Icaro” di Peter Way) fosse catturato da sceneggiature tra il pop e l’avventuroso; che un comico come Pozzetto (Segretissimo n.885, 13 novembre 1980: “Il complotto del secolo” di David Brierley) si ritrovasse negli intrecci, spesso umoristici, di «Segretissimo»; che uno storico come Petacco (Segretissimo n.

884, 6 novembre 1980: “Cash: a Los Angeles, la paura” di Gerard Cambrì) si immedesimasse negli intrighi da agente 007. Ma gli altri? Tutti quegli italiani che collezionavano gialli, al pari delle figurine del Liebig? Brodo di coltura. E, anche un po’, di cultura...

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