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Slogan e teorie assurde: l'8 marzo femminista è tutto pro-Gaza

Le transfemministe convocano la manifestazione dell'8 marzo mischiando ideologia e politica. "Scioperare contro il patriarcato significa reclamare l'immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio"

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La lotta al cosiddetto "patriarcato" si è già mischiata all'ideologia politica sul Medio Oriente. Il risultato di questa assurda commistione scenderà il piazza il prossimo 8 marzo: in occasione della giornata internazionale della donna, le femministe sono pronte a manifestare a suon di slogan politici. Contro tutto e tutti, ma soprattutto contro il loro nemico numero uno: il maschio bianco eterosessuale. Stavolta però la ricorrenza sarà il pretesto per parlare di tutt'altro e per buttarla ancora una volta in politica. Il comunicato con cui l'organizzazione Non una di meno ha convocato il corteo di venerdì rende perfettamente l'idea del carattere pretestuoso dell'intera manifestazione.

"Arrendersi all'implacabile macchina omicida sionista non è un'opzione. Pertanto, l'8 marzo di quest’anno deve essere colto come un'opportunità per un'escalation femminista e rivoluzionaria a sostegno di Gaza e a sostegno delle sue donne e di tutti i diversi gruppi che costituiscono il suo tessuto sociale", si legge nel comunicato rivolto ai dimostranti. E un altro slogan riferito all'ormai prossimo al corteo recita così: "Scioperare contro il patriarcato significa reclamare l'immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio, la fine dell’apartheid e dell’occupazione coloniale in Palestina". Con tutta la buona volontà, il nesso logico tra le suddette istanze appare alquanto nebuloso (per usare un eufemismo).

Non si comprende ad esempio cosa c'entri l'8 marzo con la situazione in Medio Oriente e con il conflitto che l'ultrasinistra definisce impropriamente "genocidio". Peraltro, gli stessi manifestanti offrono il loro sostegno a Gaza ma tacciono sulle donne rapite, violentate e uccise dai terroristi di Hamas nel nome della causa palestinese. "Scioperare contro il patriarcato significa scioperare contro la guerra come espressione massima della violenza patriarcale, e rifiutare le politiche di guerra che si fanno sempre più pervasive nelle nostre società. Lo abbiamo visto con lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha intensificato un'ideologia nazionalista e militarista dell'ordine e della disciplina che rafforza le gerarchie di genere, e che reprime e mette a tacere le nostre lotte", argomentano le femministe nel loro comunicato.

Nel minestrone ideologico senza capo né coda le attiviste ci hanno messo anche il solito attacco all'esecutivo guidato da Giorgia Meloni. "Vogliamo opporci al Governo che tratta la violenza maschile sulle donne e di genere come problema securitario. L'irrigidimento del Codice Rosso è un'operazione che ripropone un approccio emergenziale e punitivo senza agire sullo scardinamento dei meccanismi che riproducono la società patriarcale", hanno scandito. E ancora: "Scioperare l’8 marzo significa mostrare come l’ascesa delle destre in Italia e a livello globale abbiano reso ancora più dure le politiche familiste, razziste e nazionaliste che alimentano sfruttamento e violenza".

I toni sono come sempre urlati, forti, provocatori. Utili forse ad infiammare gli impeti dei cortei ma privi di concretezza, al di là delle solite argomentazioni retoriche.

È il femminismo à la carte che mischia politica e ideologia con estrema disinvoltura, senza però riuscire davvero a fare qualcosa per le donne.

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