Tortelli e asparagi vietati in Conclave: ecco il perché

Alcuni alimenti sono severamente proibiti durante il Conclave per nominare il successore di Papa Francesco. I motivi: tra antichi timori e motivi fisiologici

Tortelli e asparagi vietati in Conclave: ecco il perché
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Il Conclave, l’assemblea segreta e solenne in cui i cardinali eleggono il nuovo pontefice, è un rituale immerso in un reticolo di regole antiche, dove persino il cibo diventa oggetto di divieti e precauzioni meticolose. Tra le restrizioni più curiose spiccano quelle legate ad alimenti apparentemente innocui come asparagi, ravioli e pollo.
Questi veti, lontani dall’essere casuali, affondano le radici in un mix di tradizione religiosa, necessità pratiche e antiche paure, rivelando come ogni dettaglio gastronomico sia carico di simbolismo e pragmatismo.
Gli asparagi, ad esempio, benché nutrienti e tipici della cucina romana, sono esclusi dai menu del conclave per due motivi principali.
Il primo è il loro effetto diuretico, legato all’elevato contenuto di asparagina e potassio, che potrebbe costringere i cardinali a frequenti interruzioni durante le lunghe sessioni di voto. In un contesto di clausura stretta, dove ogni movimento è monitorato e la segretezza è sacralizzata, pause troppo frequenti potrebbero creare opportunità per scambi illeciti o distrazioni. Il secondo motivo è l’odore caratteristico che gli asparagi conferiscono alle urine, causato dal metabolismo dell’acido asparagusico.

Questo effetto, considerato sgradevole in spazi chiusi e condivisi, contrasta con l’atmosfera di compostezza e sobrietà richiesta durante le votazioni. Fino all'elezione di papa Giovanni Paolo II era presente un unico angusto bagnetto per tutti i cardinali nei pressi della cappella Sistina con tutti i disagi che ne conseguivano. Già nel XVI secolo, medici papali sconsigliavano verdure diuretiche per evitare “disordini corporali”, e oggi, nonostante i progressi igienici e le recenti riforme papali che hanno reso la permanenza in conclave meno dura, il veto persiste come eredità di un’attenzione quasi maniacale al decoro.

I ravioli, simbolo della cucina italiana, sono invece banditi per ragioni legate alla sicurezza. La loro struttura chiusa, con ripieni nascosti, suscitò storicamente il timore che potessero nascondere sostanze estranee, come veleni o messaggi cifrati. Durante un conclave nella metà del XVI secolo circolò il sospetto che un cardinale avesse ricevuto un biglietto occultato in un tortello. Questo timore accelerò l’esclusione dei cibi ripieni. Oltre al rischio di contaminazione esterna, i ravioli sono considerati poi potenzialmente indigesti a causa di ripieni ricchi di formaggio o carne, che potrebbero affaticare i partecipanti.
Nei secoli passati, i pasti dei conclavi erano spesso frugali, e i cibi troppo elaborati erano visti come tentazioni mondane.
Anche oggi, nonostante le moderne tecnologie di controllo (come i raggi X per gli alimenti), i ravioli restano esclusi per coerenza con le regole antiche, sostituiti da pasta semplice come spaghetti o penne, più facilmente ispezionabili.

Il pollo, infine, rappresenta un caso peculiare: non è formalmente vietato ( a meno che sia ripieno ovviamente) , ma la sua preparazione è soggetta a rigide limitazioni. Le ossa, potenzialmente pericolose per il rischio di soffocamento o uso come armi improvvisate, ne impongono la servitura disossata. Un incidente durante un conclave del '600, quando un frammento osseo causò un’emergenza medica a un cardinale anziano, portò a regole più severe. Inoltre, il pollo deve essere rigorosamente cotto per eliminare rischi batterici come la salmonella, mentre preparazioni con salse complesse o sangue (come il tradizionale pollo alla cacciatora) sono escluse.

In alcuni casi, soprattutto nei giorni di digiuno liturgico, il pollo viene sostituito da pesce magro, seguendo la regola cattolica dell’astinenza dalle carni. Queste restrizioni, apparentemente eccentriche, incarnano principi chiave del conclave: uniformità, controllo assoluto e minimalismo spirituale. Tutti i cardinali mangiano gli stessi piatti, evitando preferenze personali che potrebbero alimentare rivalità. Ogni ingrediente è tracciato, cucinato e servito da uno staff vaticano giurato al segreto "ad perpetuum", con persino le spezie pre-confezionate e sigillate.

Il cibo, come la norma apostolica prevede, deve nutrire senza distrarre, trasformando il pasto in un atto di umiltà collettiva.
In conclusione, asparagi, ravioli e pollo rivelano come, in conclave, persino il cibo sia un atto teologico.

Ogni veto non è un capriccio, ma un tassello di una tradizione che protegge l’integrità spirituale e fisica dell’elezione papale. In un’epoca di globalizzazione alimentare, queste regole ricordano che, per scegliere il successore di Pietro, ogni dettaglio deve essere "incontaminato" trasformando il pasto in un rituale sacro quanto il voto stesso.

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