Caro Direttore,
leggendo un'inchiesta sui maghi e cartomanti, colpisce un dato più di tutti: il 16% degli italiani ricorre almeno una volta a queste pratiche. Un fenomeno che muove un giro d'affari di circa 6 miliardi di euro, coinvolge 12 milioni di persone e registra un'evasione fiscale al 98%. La fattura d'amore si paga, quella fiscale no. Non è solo un problema di soldi: è un problema culturale. La superstizione attecchisce tra i più fragili, anziani e persino ragazzi, come dimostra la tragedia di Daniele Ponzo. In un Paese che si proclama moderno, l'illusione di controllo sul futuro diventa terreno fertile per truffatori che sfruttano la credulità e ora persino l'intelligenza artificiale. La domanda è semplice: vogliamo continuare a tollerare che la disperazione di chi cerca risposte su salute, amore e lavoro venga trasformata in business nero? O vogliamo finalmente chiamare queste pratiche con il loro nome: truffe? La vera magia sarebbe uno Stato che interviene con controlli seri e una società che educa al pensiero critico. Perché la speranza non si compra a 50 euro la telefonata. Caro Feltri, cosa ne pensa lei della cartomanzia, pratica che proprio in questo periodo di fine anno e inizio anno sembra diffondersi con ancora più forza?
Giuseppe Di Biasi
Mozzate (Como)
Caro Giuseppe,
non servono né sfere di cristallo né tarocchi per capire che il successo di maghi, cartomanti, veggenti e affini dice molto di più su chi li consulta piuttosto che su chi esercita tali professioni. Il dato che citi - milioni di italiani coinvolti e miliardi di euro bruciati - non è folclore, è una fotografia impietosa di un Paese che ha smesso di credere nella ragione e si rifugia nella superstizione.
Chiariamolo subito: io non provo alcuna simpatia per chi lucra sul dolore altrui. Trovo indegno trasformare la sofferenza, la solitudine, le disgrazie altrui, la paura del futuro in un bancomat, in una fonte di guadagno. Questi personaggi, che si presentino come maghi, sensitivi o consulenti spirituali, vivono del male degli altri. Più una persona è fragile, confusa, disperata, più diventa una preda. Uno felice non va a farsi leggere le carte, è troppo impegnato a vivere. Ci va chi ha perso un amore, chi teme per la salute, chi non vede un avvenire nel lavoro, chi ha il bisogno incontenibile di sentirsi dire che andrà meglio. E questo non è aiuto, proprio no, non è un servizio sociale o umanitario, è sfruttamento. Detto ciò, non posso nemmeno assolvere chi si affida a queste pratiche come se fossero una terapia. C'è una quota di ingenuità, quando non di autentica stupidità, nel credere che il proprio destino sia scritto da qualche parte e che basti pagare 50 euro a telefonata per conoscerlo o modificarlo.
Il futuro non è una sentenza già emessa, né una trama segreta svelabile da un mazzo di carte. Il futuro ce lo costruiamo ogni giorno, è il prodotto delle scelte che facciamo, del carattere che mettiamo nelle difficoltà, è il risultato di lavoro, disciplina, coraggio di affrontare la realtà invece di scappare o negarla. La vera truffa non è soltanto economica, e già questo basterebbe a indignarsi, visto che parliamo di evasione fiscale quasi totale, ma culturale. È l'idea che esista una scorciatoia alla responsabilità personale, che qualcuno possa mostrarci chi siamo, cosa ci accadrà, come andrà a finire, senza che noi facciamo nulla. È una bugia comoda, ed è per questo che funziona.
Lo Stato farebbe bene a intervenire con controlli seri, non per proibire le sciocchezze, che purtroppo non si possono vietare, ma per colpire chi trasforma l'inganno in un'industria sommersa, in un business. Ma ancora di più dovrebbe farlo la scuola, insegnando il pensiero critico, l'uso della ragione, il valore della responsabilità individuale, valore smarrito.
Perché una società che rinuncia alla razionalità è una società che si rende manipolabile, non solamente dai maghi, ma da chiunque prometta soluzioni facili. La speranza non si compra al telefono. La speranza si edifica vivendo il presente con dignità. E questo, purtroppo, nessun cartomante potrà mai dirvelo.