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Valentino Cassanelli, uno chef felice e tenace

Valentino Cassanelli, “per adesso” una stella Michelin, a Forte dei Marmi porta avanti il suo progetto presso il ristorante Lux Lucis dell’hotel pentastellato Principe

Valentino Cassanelli, uno chef felice e tenace

Sapete quanti ristoranti stellati ci sono solo in Italia? 385, praticamente il terzo paese al mondo dopo Francia e Giappone. È chiaro a tutti, dopo questo dato, che il livello si sta sempre più alzando, che la ricerca del buon cibo, della materia prima d’eccellenza e la passione di chi opera nel settore, si è notevolmente alzato. Il mio umile pensiero, è che per molto tempo, la cucina italiana si è cullata della straordinaria varietà di prodotti che il nostro bel paese produce, ma senza troppa attenzione e rispetto nell’utilizzo. Forse, mi prenderete per matto e lo capisco, ma una cosa è utilizzare un prodotto e un’altra è valorizzarlo. Oggi, per fortuna, alcuni chef italiani lo hanno capito e lavorano proprio in questa direzione, per cui sono attenti al gusto autentico di ciò che utilizzano in cucina, rispettano le materie e la natura, parlano di filiera corta, in molti casi di produzione propria, utilizzano delle tecniche innovative e valorizzano la tradizione rivisitandola con un linguaggio contemporaneo. Oggi, di certo, uno tra i protagonisti del panorama nazionale si chiama Valentino Cassanelli, “per adesso” una stella Michelin, Classe 84, nato a Modena e da dodici anni residente in Versilia, esattamente a Forte dei Marmi, dove porta avanti il suo progetto presso il ristorante Lux Lucis dell’hotel pentastellato Principe. Sono andato a trovarlo per voi e devo dire che è stato un bellissimo incontro, ho conosciuto un ragazzo tenace e con le idee chiare, appassionato del suo lavoro e innamorato della vita.

Valentino, ti faccio la prima domanda, chi è Valentino?

(Ride) Spiazzante da subito, Valentino è un ragazzo di Modena, nato a Spilamberto, da subito innamorato della gastronomia e da sempre curioso.

Ho saputo, che in qualche modo la nonna è stata l’artefice del tuo destino.

In qualche modo lo è stata, ma credo che in quasi tutte le famiglie italiane, c’è da sempre un legame tra cucina, nonne o mamme, che a loro volta lo trasferiscono a figli e nipoti, a volte in modo diretto altre indiretto, attraverso ciò che riescono a mettere a tavola.

Nel tuo menù c’è qualcosa della nonna?

Tutte le mie esperienze contaminano il mio menù, alcune cose sono più palesi, altre meno. Tempo fa offrivo una polpetta cotta-cruda con un brodo di soffritto e praticamente era frutto del ricordo della domenica quando da bambino rubavo il ripieno crudo e sentivo il profumo del brodo per tutta casa…questo ne è l’esempio. In altri piatti magari non è così palese ma comunque sono figli di esperienze passate. Ma se devo essere sincero, quello che più mi porto dietro è il concetto di unione e di famiglia che la cucina è in grado di fare. Tutti seduti a tavola a mangiare qualcosa che magari per cucinarlo ci sono volute delle ore. Magari si iniziava al mattino presto per fare dei bolliti, o della pasta fresca, delle lasagne, ma con l’obiettivo di sedere tutti attorno a un tavolo con la felicità di essere tutti lì. In fondo è questo che mi ha fatto innamorare della gastronomia. Oggi io sono felice quando vedo i miei ospiti al ristorante seduti a gustare i miei piatti e tornano a casa felici a loro volta.

Tu nella vita sei un uomo felice?

Di base molto, lo sono nel lavoro come nella vita privata. Ho una moglie che amo tantissimo, un figlio e un altro in arrivo, per cui lo sono. Sono fortunato!

Con la tua brigata sei felice e cosa invece ti fa arrabbiare?

Sì, anche esigente. Cerco di dare il massimo e lo pretendo, naturalmente. La cosa che invece mi fa arrabbiare è l’approccio, per me è molto importante, la sfida, il volere andare sempre oltre, lavorare con passione, caratteristiche fondamentali, ecco perché mi arrabbio quando non vedo tutto questo in chi lavora, e precisamente in chi non vede l’errore, perché chi lo vede è in grado di capire, di rivalutare e di proseguire con coscienza, ma chi va avanti e non riconosce gli errori, non va bene, vuol dire che ci si è posti a un livello troppo basso delle proprie capacità. Noi non facciamo i chirurghi, non abbiamo dei limiti oltre i quali non possiamo andare, in fondo non mettiamo in pericolo di vita nessuno, per cui possiamo sbagliare e riprovare ad alzare sempre di più l’asticella, ma sempre con l’approccio giusto.

Cos’è secondo te e come si riconosce il talento?

Bella domanda…non lo so, ma credo sia un desiderio che si ha dentro e che ti porta a voler dimostrare qualcosa e che in qualche modo si vuol codificare, magari cercando qualcosa o qualcuno in grado di tirartelo fuori e riconoscerlo.

Chi ha scoperto il tuo talento e chi lo ha saputo valorizzare?

Tutti i passaggi della mia carriera hanno contribuito, se c’è stata una persona in particolare non lo so, di fatto, con tutti quelli con i quali ho collaborato e dai quali ho imparato, sono rimasto amico, ci si chiama sempre, si collabora, ci si confronta, come con Giorgio Locatelli per fare un nome. Alla fine, è anche lo scambio che affina il talento in modo reciproco. Poi c’è Carlo Cracco che forse ha visto qualcosa in più a tal punto che è stato lui la prima volta a farmi la proposta di venire qui all’hotel Principe per aprire il Lux Lucis, stessa cosa il direttore Cristina Mascellari che ha dato il benestare a Carlo perché io potessi affrontare la sfida proprio qui e che mi ha poi portato alla stella.

Valentino come cucina a casa per la famiglia?

Non cucino! (ride) cerco di andare fuori a mangiare con la famiglia.

Ma sei un criticone nei confronti degli altri ristoranti?

Assolutamente no. Unica cosa, quando magari dei nuovi amici vogliono organizzare una cena a casa e temono un mio possibile giudizio, entrano in ansia. Io invece me la godo e sono tranquillo, se devo dirla tutta non mi piace, se mi si invita a cena e ordinano le pizze, perché a mio avviso è sbagliato, se qualcuno ti invita a casa deve cucinare per te, in fondo è una mancanza di ospitalità. Comunque, io amo la convivialità e sono uno da invitare a cena, assolutamente. (ride)

Secondo te, in cosa Valentino deve migliorare?

(Arrossendo) Sicuramente dovrei essere un po’ più aperto verso gli ospiti, io cerco di raccontarmi attraverso i miei piatti, ma capisco che potrei di certo essere più accogliente. È anche una mia forma di timidezza.

Valentino in cosa apprezza Valentino?

È difficile farsi dei complimenti da solo…ma apprezzo il percorso che sto facendo considerando che ho ancora trentanove anni e che davanti a me la strada è ancora lunga e piena di belle sorprese.

Come ci saluti?

Ciao! (ride)

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