Lorenzo Scandroglio
«Qui vedete la bella Monte Rosa/ di tutte le possenti Alpi la Regina/ alta quasi tre miglia dai piedi alla cima/ che per una signora non è poca cosa»: sono i versi della didascalia di una stampa fiabesca dell800 raffigurante la «Regina Monte Rosa» che, in occasione del 150° anniversario della prima ascensione alla sua punta più elevata (4634 m) effettuata dal militare svizzero Guillaume-Henri Dufour, dedichiamo a mo di epigrafe alla maestosa montagna. La stampa era affiancata a quella di «Sua Altezza il Monte Bianco», raffigurati entrambi seduti sul trono in una cornice di ghiaccioli. La coppia di figurine venne utilizzata per unopera teatrale di Albert Smith. Lepiteto di Queen of the Alps fu poi adottato - e non a caso - per titolare un bel libro, pubblicato in Italia, sui viaggiatori inglesi dellOttocento a sud del Monte Rosa. Appellativi che attingevano alla cultura popolare e al turismo alpino ottocentesco (appannaggio delle classi agiate) e che lo stesso Don Gnifetti, parroco di Alagna e fra i numerosi preti scalatori come lo fu il noto esploratore delle Alpi (il reverendo americano Coolidge), utilizzò quando per primo mise piede, nel 1842, su «una delle più eminenti vette della Regina delle Montagne dEuropa». Quella cima, su cui ora campeggia il più alto rifugio-biblioteca del continente (4554 m), la Capanna Margherita, porta il suo nome.
A ben guardare la nomenclatura del secondo massiccio europeo spazia dal mitologico (Castore e Polluce) ai nomi dei primi salitori (Dufour, Gnifetti, Zumstein, etc.), fatto raro nella toponomastica dei quattromila. Sette valli, di cui quattro in Italia (Val dAyas con Champoluc, del Lys con Gressoney, Sesia con Alagna e Anzasca con Macugnaga) e tre in Svizzera, nel canton Vallese, con le note località di Saas Fee e Zermatt (anche se questultima viene spesso associata al Cervino, che veglia di fronte al Rosa come una vedetta), trenta degli ottantadue 4000 dellintero arco alpino, quattro cime principali (Dufour, 4634 m; Nordend, 4609 m; Zumstein, 4563 m; Gnifetti, 4554 m), sono solo alcuni dei suoi impressionanti numeri. Il lato meridionale, quello italiano, precipita più bruscamente mentre quello settentrionale scivola con immense lingue glaciali, come quella del ghiacciaio del Gorner, tra le le vette principali verso le valli svizzere.
Situato nelle Alpi Pennine, il Monte Rosa è indubbiamente il più himalayano delle Alpi, con una parete come la Est che sovrasta Macugnaga con un balzo verticale di 2000 metri su cui sono state incise alcune delle pagine più belle della storia dellalpinismo. Per non dire di quanti sono scomparsi per sempre nei crepacci dei suoi ghiacciai, come quel santo pazzo di Ettore Zapparoli, scalatore e musicista solitario che non fu mai più trovato e a cui Dino Buzzati dedicò un racconto memorabile uscito il 1° settembre 1951 sul Corriere della Sera («E io lo vedo ancora là, che manovra con la picca, tremendamente sprovveduto e solo, piccolissimo, un bambino, nellimmensità misteriosa del santuario del Rosa»).
Poi ci sono i Walser, quella popolazione alpigiana che, proveniente dal Vallese, colonizzò già dal Medioevo anche molte valli italiane, riuscendo a sopravvivere nelle condizioni proibitive dellalta quota e, anzi, a creare dei microcosmi incantati e accoglienti, lasciando un segno inconfondibile nelle raffinate architetture lignee con le baite tipiche poggianti come palafitte su funghi di pietra.
Qualche giorno fa, sulle sue cime e nelle sue valli, di qua e di là dei confini, sono risuonate le campane, la gente ha festeggiato, e i ministri di Italia e Svizzera, Gianni Alemanno e Joseph Deiss, per celebrare la ricorrenza, hanno raggiunto la Punta Dufour ognuno dal proprio versante. Qui hanno deposto una targa celebrativa a firma di Seneca che recita: «Ogni cima che raggiungi non è altro che una tappa intermedia».
Quello che stupisce delluniverso «Rosa» però è che, a dispetto della marginalità e dello spopolamento scontati da tutte le realtà montane nel 900, esso si sta ripopolando, anche grazie a un fenomeno inverso: la fuga di molti cittadini, soprattutto stranieri, che nelle sue baite sembrano aver ritrovato un centro.