Mercoledì prossimo verranno diffusi i dati sulle immatricolazioni di autovetture: saranno tuttaltro che buoni. Molto si è detto sulle cause dellattuale crisi dellauto: dai prezzi dei carburanti, alle difficoltà di accedere al credito al consumo, al fallimento degli ultimi incentivi alla rottamazione, alle difficoltà delleconomia.
Vi è però una ragione che resta in ombra e che spiega lentità dei cali già registrati e di quelli probabilmente più consistenti che si avranno nel prossimo futuro. Ci riferiamo al fatto che il mercato italiano dellauto per ben undici anni, dal 1997 al 2007, ha avuto vendite elevatissime e decisamente al di sopra dei livelli ritenuti fisiologici. La ragione di fondo sta nel fatto che case e concessionari hanno esercitato una fortissima pressione sul mercato con nuovi canali di vendita e promozioni esasperate. Le conseguenze sono state due. Da un lato molti automobilisti hanno potuto rinnovare la loro auto a condizioni particolarmente vantaggiose, dallaltro case e concessionari hanno investito moltissime risorse e hanno visto ridursi fortemente o addirittura annullarsi i loro margini. La verità di oggi è che queste spinte sulla domanda non stanno più funzionando e, quindi, il mercato crolla. Come se ne esce? Certo il tempo medicherà le ferite, anche perché allautomobile non ci sono alternative. Il problema, però, è come accorciare i tempi del risanamento. Se costruttori e concessionari devono fare i conti con bilanci in difficoltà, vi sono nel settore dellauto comparti che hanno molto prosperato negli ultimi undici anni, che ancora godono ottima salute e che riducendo i loro prezzi e le loro tariffe potrebbero ridare ossigeno alla domanda di vetture.
Il primo comparto è quello dei carburanti e il secondo è quello delle assicurazioni. I carburanti hanno dato ottimi profitti, non solo ai petrolieri, ma anche al fisco, che ha visto costantemente incrementarsi il suo gettito.
Per quanto riguarda i petrolieri a una prima tosatura ha già provveduto il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti, con la «Robin Hood tax». I proventi di questa imposta non andranno però a sostenere la domanda di autovetture ma, come è certamente più giusto, a integrare le risorse a disposizione dei più deboli. Ma, dicevamo, sui carburanti prospera anche il fisco che, tra laltro, si sta accaparrando parte del gettito della «Robin Hood tax». Dati i forti rincari del prezzo del greggio, la pressione fiscale sui carburanti appare sempre più insostenibile. In tutto il mondo il problema di alleggerirla è allordine del giorno e ovviamente la questione va affrontata anche in Italia. Certo se si riduce la tassazione su benzina e gasolio occorre trovare fonti di gettito alternative per il fisco e da questo punto di vista un certo contributo si potrebbe anche ottenere se, restando in tema di auto, si decidesse di rivedere limposta sulla proprietà, meglio nota come bollo, per parametrarla non più ai kilowatt ma alle emissioni di anidride carbonica. Altri Paesi in Europa lhanno già fatto con benefici anche per la domanda di auto, oltre che per lambiente. Resta però il fatto che una parte della auspicabile diminuzione della tassazione sui carburanti rimane in cerca di copertura.
Laltro comparto in ottima salute è quello dellassicurazione Rc auto. Con la liberalizzazione del 1994 si sono prodotti due effetti: la proliferazione delle condizioni di polizza con il conseguente venir meno della trasparenza dellofferta e una forte crescita dei premi, che ha finito per portarli agli attuali insostenibili livelli. Oggi si impone quindi una revisione delle regole che porti a una consistente riduzione dei premi.
I tempi delle vacche grasse per il mercato dellauto forse torneranno, ma per ora sembrano finiti e ciò comporta un impegno da parte di tutti gli operatori della filiera per ricreare solide condizioni di sviluppo per tutti. In questo quadro un contributo importante lo potrebbe dare anche il fisco, rinunciando a una parte dellenorme gettito che trae dai carburanti.
*Direttore Centro Studi Promotor
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