Gli automi «vincono» se non ci somigliano

Sono già tra noi, in ufficio, nei campi di battaglia e soprattutto in fabbrica. Ma preferiscono non farsi riconoscere: agli automi che hanno osato la forma umana finora è andata decisamente male.
La storia del flop commerciale di Wakamaru è esemplare. Prodotto da Mitsubishi con grandi ambizioni, il «robot di compagnia» ha venduto solo una dozzina di pezzi (a 9.500 euro) ed è stato tolto dal mercato. Fino a ieri, quando un’agenzia interinale l’ha «assunto» a tempo: la manutenzione costa 18.000 euro, «più o meno gli stessi soldi necessari per mantenere un lavoratore umano», ha spiegato un responsabile dell’agenzia; l’affitto dei suoi servizi partirà da 700 euro al giorno. Ma se bracci meccanici, come lo storico Puma, lavorano da anni al posto dell’uomo in catena di montaggio, è davvero possibile che automi umanoidi si sostituiscano a noi in compiti tipicamente umani? «Ci sono studi molto avanzati sulla collaborazione uomo-robot - spiega Emanuele Micheli, ingegnere della Scuola di robotica di Genova - ma sono proprio i limiti mostrati dagli esempi più all’avanguardia a farci capire che ci vorrà molto tempo prima di vedere degli androidi tra noi».
Se però la gelosa cameriera robot di Sordi in Io e Caterina è ancora di là da venire, in Francia si sperimenta un cameriere robotico in grado di servire una bibita e, soprattutto, capire se il cliente è pronto a ricevere la bevanda o no, e in caso, fermarsi.

A Tolosa si lavora sul robot umanoide, Hrp2: un uomo gli impartisce semplici ordini per costruire un tavolino. Ma più dei falegnami, sono le guide a temere: i robot-ciceroni sono già comparse, in via sperimentale, in alcuni musei .

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