Auto, elettrico, transizione: a Milano va in scena il Forum Automotive

Elettrico e transizione: quale futuro per l'auto? Se ne è parlato al Forum Automotive di Pierluigi Bonora

Auto, elettrico, transizione: a Milano va in scena il Forum Automotive

Auto elettriche, transizione green, nuove forme di alimentazione, sfide industriali a tutto campo: di tutto questo si è parlato nella mattinata di martedì 21 marzo all'Hotel Executive di Corso Sempione, a Milano, nella seconda giornata del Forum Automotive organizzato da Pierluigi Bonora, storica firma della nostra testata e direttore responsabile di Aci Radio.

Al forum automotive si dibatte sulla svolta del 2035 per l'auto

Il tema è stato discusso nel panel "Barcolla l'input Ue del tutto elettrico dal 2035. Riprendono quota gli eco-carburanti. Ambientalisti infuriati. E adesso?". Alla tavola rotonda hanno partecipato Pierpaolo Biffali, Head of Powertrain Product Engeneering di Iveco Group; Gustavo De Cicco, Fleet & Remarketing Director del Gruppo Koelliker, Marco Do, Direttore comunicazione e relazioni esterne di Michelin Italia, Enrique Enrich, Presidente e Amministratore delegato di Italscania, Camillo Piazza, Presidente di Class Onlus e ex deputato dei Verdi, Massimiliano Tacconelli, Responsabile del Settore Nucleare del Gruppo Tosto, e Andrea Taschini, manager e advisor industriale di lungo corso nel settore automotive.

Di fronte alle incerte prospettive della riforma per il 100% elettrico entro il 2035, come reagisce la filiera? Quali le priorità per l'Italia in campo produttivo e industriale? Quali prospettive per lavoratori e utenti del settore auto? Nella tavola rotonda si è discusso di queste primarie sfide.

Iveco e Scania, soluzioni diverse per la decarbonizzazione

Per Pierpaolo Biffali la sfida del gruppo Iveco sarà quella di portare la flotta prodotta dal gruppo a essere realizzata in maniera neutrale sotto il profilo carbonico entro il 2040. Dieci anni prima del target previsto dal Cop26 per l'industria europea.

Nel contesto di "un parco prodotti che comprende camion e autobus, ma anche veicoli speciali come i mezzi per i vigili del fuoco e i veicoli per la Difesa, non direttamente toccati dalla svolta", nota Biffali, "Iveco pensa a una svolta che garantisca diverse soluzioni di propulsione per favorire il taglio delle emissioni di anidride carbonica". Rjsulta in quest'ottica corretto, per Iveco, differenziare tra i diversi settori del mondo automotive e dei trasporti, dato che è difficile pensare a sfide come l'elettrificazione completa o "all'abbattimento del 100% delle emissioni" per i veicoli speciali. ma questo non esclude che su tutti i fronti si possano conseguire risultati.

Una sfida che Biffali sottolinea è quella dell'idrogeno. "Nel quadro della corsa alla neutralità climatica al 2040 intendiamo muoverci in rispetto del principio di neutralità tecnologica, includendo anche l'idrogeno", forma di alimentazione per cui Iveco intende sviluppare ogni soluzione possibile: Biffali ricorda infatti che "non esiste una tecnologia unica per l'idrogeno. Pensiamo sia alle fuel cell per accumulare l'idrogeno che alle tecnologie di combustione dell'idrogeno, paragonabili a quelle a zero emissioni".

Enrique Enrich, ad di Italscania, conferma che anche il suo gruppo pensa a un "insieme multiplo di soluzioni per la decarbonizzazione" e avanza riserve sul fatto che la totale decarbonizzazione dei trasporti "sia la priorità assoluta in un contesto che vede attive in Europa ben trecento centrali a carbone".

Scania, sottolinea Enrich, ha "da otto anni biocarburanti per camion e investe sugli HVO". Un Hvo, lo ricordiamo, è un diesel premium fatto interamente da materie prime rinnovabili.

"Non un problema ma un'opportunità": la posizione di Michelin

Per Marco Do di Michelin "la svolta verso la sostenibilità non è un problema ma un'opportunità". Nella consapevolezza che il focus è la riduzione delle emissioni il prodotto cambia sempre col tempo e il manager del colosso francese dei pneumatici ricorda "il ruolo anticipatore di Michelin, che già nel 1992 produceva uno pneumatico verde", overo a minor impatto ambientale.

Do ricorda che allora la rivoluzione fu "l'inserimento della silice nella mescola delle ruote, fatto che ridusse la resistenza da rotolamento e dunque il consumo delle auto in accelerazione". Un esempio di come il settore dei pneumatici può adattarsi alle sfide delle auto a minore impatto in termini di emissioni. L'obiettivo ora sarà capire come sviluppare pneumatici adatti "al sistema dell'auto elettrica. Ad esempio la coppia più forte in accelerazione e decelerazione impone uno stress maggiore alle ruote; e il peso maggiore dei motori impone nel caso dell'elettrico un carico non indiferente".

Dunque è interessante sottolineare come la svolta elettrica cambierebbe tutta la filiera, dalla componentistica in avanti. E impatterebbe anche sul tema della distribuzione commerciale dei veicoli. Gustavo de Cicco ritiene possibile la coesistenza "elettrico e tradizione" a patto che, nei settori di riferimento come quello dell'importazione di auto di cui Koelliker è un attore importante, si crei "informazione e formazione" al servizio dei clienti.

Il dibattito sull'inevitabilità della svolta elettrica

De Cicco ricorda che molti clienti, soprattutto coloro che comprano grandi flotte di auto in campo aziendale, "una volta che scelgono l'elettrico non tornano indietro". Ma la svolta oltre l'endotermico, a prescindere dalle date imposte dalla Commissione Europea, è inevitabile? Camillo Piazza, ambientalista e presidente del gruppo Class che fornisce servizi di sostegno e consulenza sulla transizione verde, auspica ciò ma ricorda di essere "sfavorevole al divieto netto del 2035. La sostenibilità non può essere imposta ma deve essere desiderata. Certo, da ambientalista sostengo ciò che impone meno anidride carbonica", nota Piazza, ma la neutralità tecnologica non può essere messa da parte.

Sul fronte elettrico, Piazza sottolinea le scoperte fatte in Italia da Enel X sul fronte del litio e va controcorrente rispetto a molte posizioni ambientaliste: "è il mercato, frutto delle scelte e delle preferenze dei consumatori, che deve fare la differenza. Sono contrario ai sussidi massicci all'elettrico, ad esempio, perché tengono alti artificialmente i prezzi. Senza gli incentivi le case dovrebbero vendere al costo industriale" e a suo avviso questo favorirebbe una naturale svolta elettrica.

Di diverso avviso la posizione dell'advisor Andrea Taschini. Per il quale "l'elettrico chiama la desertificazione industriale" ed è un'illusione ottica "pensare di risolvere il problema delle emissioni con la rivoluzione nel settore dei trasporti europeo, che da solo emette al massimo l'1% dell'anidride carbonica su scala globale".

Ogni politica, per Taschini, deve avere sul fronte industriale tre logiche: scopo, mezzi, contesto. "Lo scopo, lo abbiamo visto, è inesistente vista la quota minoritaria dei trasporti sull'emissione mondiale di gas serra. E, aggiungo io, l'Unione Europea fa complessivamente l'8%, di cui il 4% sono Germania e Polonia, contando tutti i settori. C'è poi il tema dei mezzi. La rivoluzione completa della mobilità ci costerebbe in Europa 160 miliardi di euro, tutto questo per aprire a un settore come l'elettrico ove il 77% delle batterie e l'80% delle materie prime sono, a livello di filiera in mano alla Cina. E il contesto è quello di una contrapposizione a tutto campo Usa-Cina che può sfociare in guerra economica, lasciandoci a piedi". Specie se la catena del valore si allontanerà dall'Europa per prendere le vie dell'Oriente.

Nucleare, energia per l'elettrico

A prescindere dalle posizioni sull'elettrico e la transizione, è chiaro che se l'elettrico prenderà piede bisognerà alimentarlo oltre che diffonderlo. E sarà un controsenso pensare di alimentare auto, sulla carta, meno impattanti con energie prodotte da fonti fossili. Massimiliano Tacconelli, responsabile del settore nucleare del Gruppo Tosto con sede a Chieti, riflette proprio su questo tema.

Di nucleare oggi "si è tornati a parlare, ed è già un risultato. L'Italia vede il nucleare impattare nel 12% del suo mix energetico attraverso le importazioni, mentre in Europa la generazione nucleare è al 25%".

Il ritorno dei discorsi sul nucleare, per Tacconelli, si sposa con la questione dell'alimentazione massiccia dell'auto elettrica. "Non ha senso parlare di auto elettriche alimentate da inquinanti centrali a carbone.

E non ha senso neanche pensare all'idrogeno se l'elettrolisi avverrà con energia generata tramite fonti inquinanti", aggiunge, sottolineando l'idea che per l'Italia ad oggi le tecnologie nucleari svolgono un ruolo importante nel processo di ricerca scientifica finendo però spesso ad alimentare impianti industriali all'estero, soprattutto in Francia. Parlare di politica industriale per l'auto, in futuro, potrebbe implicare anche una riflessione sul nucleare. Segno che la definizione delle rotte future dell'auto tocca praticamente ogni comparto industriale.

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