Il 2010 è una data cruciale per i riparatori di auto indipendenti e per tutto il mercato dellafter market. Scade, infatti, il cosiddetto decreto Monti, il regolamento europeo in vigore dal 2002 che disciplina il settore della distribuzione automotive e obbliga le case costruttrici a rendere note anche alle officine non autorizzate le informazioni sul funzionamento dei veicoli commercializzati.
Dal 2007 è partita la campagna europea «Right to repair» - R2RC (diritto alla riparazione) - per sensibilizzare la Ue in merito a tale provvedimento. «Se il regolamento non verrà rinnovato 100mila imprese italiane rimarranno tagliate fuori dal mercato dellafter market che vale 30 miliardi di euro - dice Mario Turco, responsabile nazionale Cna dellautoriparazione -; il primo parere della Commissione europea è stato negativo, perché sostiene che ormai la concorrenza del mercato è garantita. Noi non siamo daccordo, tantè che allinizio alcune case non hanno reso disponibili le informazioni e, segnalate le violazioni, hanno dovuto cedere per non incorrere in sanzioni pecuniarie. Talvolta viene anche minacciata linvalidità della garanzia se non si esegue la riparazione presso unofficina autorizzata. È falso». Mediamente, rivolgendosi a un riparatore indipendente si può risparmiare anche il 50% rispetto allofficina del concessionario: la tariffa oraria del primo è di 38 euro, contro gli oltre 70 euro del secondo. Ciò nonostante fino al quarto anno dallacquisto della vettura, gli automobilisti preferiscono il concessionario, dopodiché il 52% opta per il riparatore indipendente. «Il prezzo è un fattore marginale - dice Gian Primo Quagliano, presidente di Econometrica -: il contatto diretto e la capillarità della rete sono i fattori determinanti nella scelta. Ecco perché servono regole certe che obblighino le case automobilistiche a investire nel trasferimento di conoscenza anche ai riparatori indipendenti». Un passaggio fondamentale perché se è vero che lo sviluppo tecnologico ha ridotto i rischi di guasti è anche vero che le auto sono dei veri e propri computer su quattro ruote, per cui senza un accesso quotidiano ai codici e ai software necessari per capire e agire sulle centraline delle vetture, gli autoriparatori indipendenti non sanno neanche dove mettere le mani.
«Ogni volta che lautoriparatore deve rivolgersi al concessionario si crea imbarazzo - sottolinea Bruno Beccari, presidente di Adira (Associazione distributori indipendenti ricambi autoveicoli) -; capita spesso nel caso delle chiavi elettroniche, per esempio. Laltra questione che vorremmo evidenziare è quella della proprietà intellettuale sui pezzi di ricambio: se si rompe un faro dovrebbe essere possibile sostituire la parte rotta e non lintero blocco. Con un netto risparmio».
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