Avanza la diagnosi precoce al seno

«L'introduzione dei sistemi digitali nella mammografia consente immagini radiografiche che possono essere elaborate, modificate, archiviate, trasmesse a distanza. Le nuove applicazioni della mammografia digitale sono la tomosintesi e la mammografia di contrasto. La sperimentazione è avanzata, presto queste metodiche avranno anche una applicazione clinica», afferma Enrico Cassano, direttore dell'Unità di radiologia senologica dello Istituto oncologico europeo (IEO) precisando le caratteristiche delle nuove metodiche per effettuare la diagnosi precoce al seno di una neoplasia. Laureato all'università di Pavia nel 1985, si è specializzato in oncologia radiologica all'università di Milano ed in interventistica senologica a Chicago, è coordinatore del progetto di chemio prevenzione del carcinoma mammario con Tamoxifene. Enrico Cassano, 48 anni, nato a Modena, sposato con tre figli, è tra i maggiori esperti in oncologia radiologica. A lui chiediamo cosa è la tomosintesi?
«Consiste nella stratificazione della mammografia. Ossia nell'esecuzione dei singoli strati del seno che possono essere ottenuti grazie al movimento automatico del tubo Raggi X. Il quale si muove lungo un arco ottenendo una serie di immagini della mammella non visibili con la tradizionale mammografia. Le minime formazioni tumorali vengono individuate consentendo diagnosi precoci anche nelle donne più giovani, nelle quali il tessuto ghiandolare è molto presente e può celare i tumori più piccoli».
In questo caso la paziente può essere sottoposta con utile anticipo ad intervento chirurgico?
«Sì, dopo gli ulteriori accertamenti clinici necessari».
È più nocivo questo nuovo sistema diagnostico?
«No. La dose della tomosintesi è uguale a quella di una mammografia normale».
Quando entrerà in attività la tomosintesi?
«Alcune macchine sono già disponibili. Nei prossimi mesi ne arriveranno altre. Se l'esperienza clinica acquisita darà i risultati positivi che aspettiamo, verso la fine del 2010 questa tecnica verrà applicata normalmente».
E la mammografia con il contrasto?
«È un esame che consiste nell'iniettare in vena un liquido di contrasto radiologico ed eseguire una serie di immagini mammografiche con due energie differenti. In tal modo sarà possibile visualizzare solo i noduli mammari benigni o maligni che raccolgono il liquido di contrasto perché sono vascolarizzati».
Come si stabilisce la malignità di un nodulo?
«Vi è un sistema, assolutamente innovativo, ancora in fase di valutazione clinica. Si può stabilire sia dalla forma e dalle caratteristiche radiologiche, sia dalla differenza dell'accumulo di contrasto nel nodulo».
Il tamoxifene potrebbe prevenire l'insorgenza di neoplasie mammarie nelle pazienti sane?
«È stato fatto uno studio multicentrico reclutando pazienti sane che hanno confermato, in particolari gruppi di donne, la capacità del farmaco di prevenire la malattia».
In Francia fanno controlli semestrali e non annuali anche per le donne sane. È corretto?
«Eseguire controlli ravvicinati può consentire l'identificazione sempre più precoce della malattia permettendo la massima possibilità di guarigione».
Quanto è coinvolto sotto il profilo psicologico dalla sua professione in mezzo ad una moltitudine di malati in grave rischio di vita?
«Il nostro impegno è passionale: una lotta contro il tempo per identificare il male più presto possibile e debellarlo».
Le cellule staminali quanto possono essere utili nel tumore al seno?
«Oggi crediamo che non tutte le cellule all'interno del tumore abbiano la stessa importanza. Solo alcune di queste, ossia le cellule staminali della neoplasia, sono determinanti nella crescita e nella diffusione della malattia. Quando saremo in grado di identificarle con precisione, potremo indirizzare le cure verso queste cellule evitando la terapia oggi in uso».


Pare che ci sia una tendenza ad evitare per quanto è possibile le chemioterapie preferendo a queste medicamenti antiormonali che sono meglio tollerati e con effetti non devastanti. Il suo obiettivo professionale futuro?
«Riuscire a dare la possibilità a molte donne colpite di affrontare la malattia e guarire».
m.alberini@iol.it

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