Aviaria, Francia nel panico L’Ue: sì all’etichetta sui polli

I test confermano il contagio in allevamento nei pressi di Lione. E i consumi calano del 30%

Alberto Toscano

da Parigi

A Vienna si fanno passi avanti e a Parigi domina la preoccupazione. L'Austria, presidente di turno dell'Ue, ha ospitato la riunione tra i 25 ministri della Salute. L'Italia è riuscita a conseguire un risultato di rilievo: il riconoscimento europeo dell'importanza dell'etichettatura obbligatoria sulle carni della filiera avicola. Secondo il ministro della Salute Francesco Storace si tratta di «un passo avanti straordinario». Per il ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno è «un risultato estremamente importante».
La situazione nel dipartimento francese dell'Ain, nella regione di Lione, è drammatica. Il comune di Versailleux sembra in stato d'assedio, con posti di blocco lungo tutte le principali strade. Bisogna impedire ai possibili malintenzionati di esportare il proprio pollame da questa località della zona di Bourg-en-Bresse, famosa un tempo per i suoi volatili d'allevamento e disastrata oggi da quella maledetta sigla H5. Il ministro dell'Agricoltura Dominique Busserau ha confermato la brutta notizia da lui stesso anticipata giovedì: i reperti organici di un tacchino morto l'altroieri hanno confermato l'infezione da virus della famiglia H5. Forse è l'H5N1, lo si saprà al massimo entro oggi. Mai, fino a questo momento, un allevamento dell'Unione Europea era stato contaminato dal virus. In un solo allevamento di Versailleux sono morti di malattia 400 tacchini. Gli altri 11mila sono stati abbattuti.
Ci si chiede come sia potuta accadere una cosa del genere. Il veterinario di Versailleux non riesce a spiegarsi l'accaduto. L'allevamento era «sigillato» da giorni per sua stessa disposizione: da quando nella zona di Versailleux erano state rinvenute due anatre selvatiche, morte a causa dell'H5N1. Nessuno poteva entrare in quell'allevamento senza essersi disinfettato le scarpe. Nessun contatto tra i volatili dell'allevamento e gli uccelli selvatici era possibile. Eppure il contagio ha avuto luogo lo stesso. Per il veterinario è tutta colpa della paglia: quella fatta arrivare dall'esterno per «foderare» il suolo dell'allevamento di tacchini. In quella paglia, rimasta provvisoriamente allo scoperto, si sarebbero posate le feci di uccelli selvatici che avrebbero poi trasmesso il virus.
I contraccolpi economici della crisi sono molto più seri di quanto si temesse la scorsa settimana. Nei dipartimenti ad elevata produzione di carne di polli e tacchini migliaia e migliaia di persone sono state messe in cassa integrazione e si teme un'ondata di licenziamenti. Le vendite sono in caduta libera (meno 30% in una settimana) e gli stanziamenti governativi in aiuto alla «filiera dei polli» - prima 11 e poi altri 52 milioni di euro - si stanno rivelando insufficienti a fronteggiare la crisi. Ancor più grave è il crollo dell'export: il Giappone ha decretato l'«embargo provvisorio» sulle carni di volatili francesi.
Il presidente della Repubblica Jacques Chirac ha fatto della lotta all'influenza dei polli una vera e propria «causa nazionale» e il governo si è impegnato a tradurre in pratica tale direttiva. Il primo ministro Dominique de Villepin ha trascorso la giornata di ieri a Lione, città che sta diventando la capitale della lotta alla malattia venuta dall'Oriente sulle ali degli uccelli migratori. Proprio in questo centro si è svolta un'esercitazione «anti-influenza» che ha coinvolto centinaia di persone. Tutto è cominciato all'aeroporto, dove è stato simulato l'arrivo di passeggeri affetti da «influenza dei polli» e reduci dall'Asia sudorientale. Siccome la realtà supera sempre la fantasia, proprio ieri si è sparsa la voce che un caso del genere si stesse davvero verificando. Alla fine il primo ministro ha fatto il bilancio dell'esercitazione, che si svolgerà anche a Parigi a metà marzo. Secondo Dominique de Villepin «la Francia è all'avanguardia sul piano delle misure contro un'eventuale pandemia».

Poi qualche dato confortante: enormi stock di mascherine sanitarie a disposizione della popolazione e milioni di dosi di medicine antivirali pronte a essere utilizzate per fermare la malattia, nel caso in cui il virus impari a trasferirsi da uomo a uomo (cosa che per fortuna non è mai accaduta).

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