I settori coinvolti, Unimpresa: "Effetti limitati per l'economia italiana"

L'Unione Nazionale di Imprese commenta la situazione italiana, parlando delle possibili conseguenze in caso di eventuali dazi commerciali Usa al 15%

I settori coinvolti, Unimpresa: "Effetti limitati per l'economia italiana"
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Un eventuale introduzione di dazi al 15% da parte degli Stati Uniti non inciderà marcatamente sull'economia italiana e il suo made in Italy. In questi giorni di preoccupazione dopo le parole del presidente Usa Donald Trump, arriva il commento di Unimpresa, che al contrario mantiene la calma. Gli effetti sull'economia italiana, afferma, saranno limitati.

In un comunicato pubblicato sulla propria pagina web ufficiale, Unimpresa spiega che l'introduzione dei dazi potrebbe generare un impatto economico di circa 10 miliardi di euro - questo il risultato del centro studi, che ha fatto una stima tenendo conto dei dati dell'export italiano verso gli Usa nel 2024 (circa 66 miliardi). I settori italiani colpiti saranno la moda, la meccanica, il farmaceutico, i trasporti e i beni di lusso. Tuttavia ci saranno delle vie alternative.

"Solo un terzo delle imprese italiane esporta negli Stati Uniti, circa 34.000 aziende, e oltre il 50% del valore esportato è generato da imprese con più di 250 addetti, quindi più strutturate e capaci di assorbire gli shock", è quanto affermato da Unimpresa. I dazi al 15% potranno portare a una flessione dello 0,5% sul fatturato delle imprese esportatrici coinvolte, oltre a una riduzione fino a 0,3 punti per il 75% delle aziende coinvolte. "L'Italia esporta verso gli Usa beni per il 10% dell'export complessivo, con una composizione di qualità elevata: il 43% dei prodotti è di fascia alta, il 49% di fascia media e solo l'8% è di fascia bassa, più sensibile al prezzo. Le imprese italiane generano in media il 5,5% del fatturato negli Stati Uniti, con un margine operativo lordo pari al 10%. I settori più esposti sono la farmaceutica (24% del valore aggiunto legato agli Usa), la cantieristica e l'aerospazio (15%), seguiti da mobili, elettronica, moda e autoveicoli (tra il 6% e l'8%). Più vulnerabili risultano le piccole imprese, con minore diversificazione e margini più bassi", viene affermato.

Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa, invita a monitorare la situazione e a valutare eventuali interventi di sostegno nei confronti di chi sarà maggiormente colpito. "Il protezionismo di Trump è una sfida concreta, ma non necessariamente devastante per l'industria italiana. La nostra forza sta nella qualità dei prodotti, nella solidità delle grandi imprese e nella capacità di adattamento del nostro tessuto produttivo. La priorità ora è non lasciare indietro le realtà più fragili, perché la tenuta complessiva passa anche da loro", ha spiegato.

Dunque malgrado la prudenza necessaria per affrontare la situazione, è importante anche ridimensionare la situazione. Solo un terzo delle imprese italiane esporta negli Usa, per un totale di 4mila aziende (il 10% dell'export complessivo nazionale). Inoltre si parla di imprese di grandi dimensioni, capaci di incassare eventuali criticità che arrivano dall'estero. Sono solo l'8% i beni di fascia bassa, e sono quelli che risentono maggiormente delle oscillazioni del prezzo. Il resto dei prodotti, di altra catergia, è meno variabile.

L'impatto generato da un eventuale aumento dei dazi, dunque, appare assorbibile.

Stando alle simulazioni di Banca d'Italia, dunque, l'impatto dei dazi potrebbe portare a una riduzione dei dazi di circa un punto percentuale.

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