Il Rolex come bene rifugio adesso brilla più dell’oro

Per la seconda volta la casa di Ginevra aumenta i prezzi del listino UK. E i collezionisti fanno festa

Il Rolex come bene rifugio adesso brilla più dell’oro
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Cos’hanno in comune il Datejust portato al polso da Martin Luther King e il Gmt Master indossato da Brad Pitt? Prima risposta: sono entrambi Rolex. Seconda risposta: sono ambedue in oro. Poi ce ne sarebbe una terza, di risposta: costano sempre di più. Almeno in Gran Bretagna, dove il colosso elvetico ha ritoccato del 4% i listini dei suoi orologi in metallo prezioso a partire dallo scorso 1° giugno. Un “giro di corona” che ha portato il listino del Daytona in oro bianco a 38.700 sterline (oltre 45.300 euro), mentre per poter mettere ora le mani su un Gmt Master II in oro giallo occorrono 34mila sterline, poco meno di 40mila euro.
Fatto del tutto inusuale per la casa di Ginevra, si tratta del secondo rincaro dell’anno dopo quello deciso (anche in quell’occasione un +4%) a inizio gennaio. In passato, solo la caduta della sterlina nel 2022, all’epoca del governo di Liz Truss, aveva indotto Rolex a un duplice rialzo dei prezzi nell’arco di 12 mesi.

La rottura di una tradizione consolidata è riconducibile anzitutto all’ascesa delle quotazioni dell’oro, salite nel 2024 del 14% dopo aver toccato il picco storico nel maggio di 2.450 dollari l’oncia. Guerre, tensioni geo-politiche assortite e le aspettative legate al taglio dei tassi da parte della Federal Reserve hanno fatto da combustibile ai prezzi del metallo nobile, il bene-rifugio per eccellenza nei momenti di incertezza. Se sono ormai rientrate le attese per un ammorbidimento monetario negli Usa, il conflitto russo-ucraino è invece entrato in una fase che non esclude una sua possibile escalation, mentre resta ancora da capire se la tregua fra Israele e Hamas potrà reggere. Due elementi che favorirebbero la prosecuzione della corsa all’oro. La britannica WisdomTree Investments non ha dubbi: le quotazioni schizzeranno fino a 2.750 dollari entro il marzo del 2025.

Quella di Rolex è quindi stata sostanzialmente una mossa tesa a salvaguardare da eventuali rincari dell’oro i margini di profitto, senza troppo preoccuparsi di erodere gli oltre 10 miliardi di franchi svizzeri di ricavi a livello consolidato. Sono infatti da considerarsi improbabili defezioni da parte delle clientela solo perché per un “Deepsea yellow gold” bisogna adesso sborsare 1.800 sterline in più. Oltre alle ampie disponibilità finanziarie dell’esercito di fan, a favore dell’azienda guidata da Jean-Frédéric Dufour gioca anche il fatto che la domanda di questi orologi supera abbondantemente l’offerta annua di un milione di “pezzi”, un “mismatch” che genera tempi di attesa attorno ai due anni prima di ricevere l’oggetto del desiderio. E ciò accresce la componente rarità, rendendo un Rolex un investimento persino più ambito del lingotto. Non a caso negli anni il suo valore si è moltiplicato (purché mai indossato e ancora avvolto nelle pellicole protettive), fino a trasformarlo in un bene da lasciare ai propri eredi. L’accoppiata con l’oro può quindi risultare doppiamente vincente.

Ancor più se si riesce a sfruttare, prima che i rincari dei listini si estendano oltre l’Inghilterra, il crollo subìto negli ultimi cinque mesi dal franco rispetto a euro e dollaro. Un Rolex è per sempre. Un lingotto dipende.

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