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Baldini: «Per vincere qui ho dimenticato Atene»

L’azzurro: «Dopo l’oro all’Olimpiade sono ripartito da zero. Per nuovi traguardi»

Nostro inviato a Helsinki

Emilio Benati, primo tecnico di Stefano Baldini, ha messo la bandiera tricolore nello zaino, quella che Alberto Cova mise sulle spalle dopo la vittoria del 1983, qui a Helsinki, la stessa che avvolse Baldini, a Budapest, dopo il successo nella maratona dell’europeo. Oggi è un po’ sdrucita. «Ma porta bene». E Baldini aspetta di poterla acchiappare. Quella di Atene era più nuova, è conservata in bacheca. Questa segna il tempo. Come il viso del campione olimpico: qualche ruga, sorriso che non stinge, fisico tirato. Tutto ricomincia da quel giorno. Da quell’oro olimpico. Anzi.
«Ho azzerato tutto. Fino a ieri dovevo essere il salvatore della patria, ma io sento tensione perché sono il campione olimpico e tutti mi aspettano al varco. In questi mesi mi sono detto: dimentica. L’Olimpiade è stata una storia, ora devi ricominciare. Mi ha fatto bene andare alla maratona di Londra, mi ha riportato alla realtà. Ho sofferto e mi sono stupito della mia capacità di soffrire. Avessi scelto una corsa più comoda, non mi sarei ricordato che tutti, dopo una sconfitta, pensano subito al modo di ribaltare la situazione e battere il campione».
Oggi quale Baldini correrà per le strade tempestose di Helsinki?
«Un Baldini che chiede clemenza al cielo: che mi risparmi l’acqua. Su questo percorso trovi di tutto: pavè, rotaie, zone scivolose. Con l’acqua sarebbe peggio. È un percorso duro, con salitelle che tagliano le gambe. Certo, questo non sarà il Baldini di Atene. L’anno scorso ero sicuro di fare una grande gara. Anche quest’anno sto bene, ma un atleta non è mai contento: vuole sempre di più. Sarà importante tirare fuori tutto quanto ho. Che non vuol dire vincere a ogni costo».
Basterebbe una medaglia?
«Un’altra medaglia sarebbe un grande risultato. Il problema è tenere a bada gli avversari. Leggi la lista di partenza e ti spaventi. Sono tanti davvero. Temo più gli europei degli africani. Loro non conoscono tattica. Partono e vanno a strappi, ma con un percorso duro inchiodano le gambe».
C’è anche Vanderlei De Lima, il brasiliano che ha costruito una fortuna sull’agguato e la caduta di Atene...
«L’ho visto, ci siamo salutati calorosamente. Siamo entrambi felici per quanto successo l’anno passato. In fondo è andata bene anche a lui».
Avete festeggiato in due. È stato difficile tornare alla realtà della gara, dell’allenamento?
«Credevo di fare più fatica mentale. Invece la fatica è stata fisica. Faticoso quello che ho fatto al di là dello sport. Mi ha presentato il conto. Parlo di feste, tv, servizi fotografici. Ma l’ho fatto per me e per il mio mondo: è stato un mezzo di propaganda. Come hanno fatto nei tempi passati gli altri grandi del nostro sport. Sì, insomma, non potevo barricarmi in casa in attesa di correre questa maratona».
Ora ci siamo. Pensierino della sera?
«In questi mesi ho lottato per dirmi: devi ricominciare da zero. Ho sempre fatto così. Altrimenti non avrei avuto capacità di raggiungere risultati con continuità. Lo sport è bello perché c’è sempre una prossima volta. Un’altra sfida. Queste sono le sfide che mi piacciono. E io oggi dico: sfido me stesso. Molto volentieri.

Vediamo chi vince».

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