Economia

Le Banche centrali alleate contro la crisi di liquidità

Azioni coordinate di Fed, Bce e degli istituti di Svizzera, Canada e Inghilterra allo scopo di eliminare le tensioni sui tassi

da Milano

Ne discutevano in gran segreto da settembre. Cioè da quando l’esplodere del virus dei mutui subprime aveva generato crescente diffidenza tra le banche e, di conseguenza, innescato l’ormai nota crisi di liquidità. Crisi ancora in atto, contro la quale le principali banche centrali mondiali hanno deciso di coalizzarsi per dar vita a una vera e propria task force, annunciata ieri e subito salutata con moderato favore dai listini azionari.
L’obiettivo è quello di ricondurre entro parametri normali il funzionamento dei mercati, in particolare quello europeo, dove le tensioni hanno portato l’Euribor a sfiorare il 5%. Missione considerata possibile dalla Federal Reserve, dalla Bce e dalle banche centrali inglese, svizzera e canadese, artefici del piano d’azione. Alla finestra è rimasta solo la Bank of Japan, pronta comunque a salutare con favore l’intervento.
Rivelatasi spuntata l’arma della liquidità extra, il pool ha deciso di scegliere un’altra strada. Dietro l’acronimo Taf (Term auction facility), si cela il nuovo modello anti-stress basato sempre sull’immissione di liquidità, ma con modalità ben più elastiche rispetto alla formula tradizionale. In pratica, a differenza delle operazioni condotte al tasso dei Fed Fund, il cosiddetto collateral (ovvero i titoli dati in garanzia) è più ampio e dovrebbe così facilitare l’accesso ai prestiti. La Fed ha precisato che vi potranno far ricorso «tutte le istituzioni finanziarie solide». Secondo: minore onerosità e maggior protezione dell’anonimato rispetto alle operazioni effettuate attraverso il tasso di sconto, mai amato dalle banche commerciali e quindi scarsamente utilizzato.
Ma come funziona il Taf? Come uno sportello finanziario, aperto in date e con importi prestabiliti. Il calendario prevede, per quanto riguarda la Fed, 20 miliardi di dollari il 17 dicembre e altri 20 miliardi tre giorni dopo, mentre ancora da decidere sono le somme del 14 e del 28 gennaio. La Bce e la Banca centrale svizzera scenderanno in campo nelle stesse date con operazioni pari, rispettivamente, a 20 e 4 miliardi di dollari. In questo caso entrerà in gioco il meccanismo del currency swap, che altro non è che uno scambio di valute con l’istituto Usa. La Bce potrà in questo modo reperire liquidità in dollari, necessaria nell’eurozona dove buona parte dei veicoli finanziari presenta operazioni di impiego (soprattutto Cdo, strumenti finanziari ad alto rischio) e finanziamento (soprattutto commercial paper) in dollari.
Finita martedì scorso al tappeto dopo la decisione della Fed di tagliare i tassi solo di un quarto di punto, ieri Wall Street sembrava in ripresa grazie all’annuncio delle banche centrali, ma nella seconda parte della seduta ha poi tirato il freno.

In precedenza, le Borse europee avevano chiuso in lieve rialzo (invariata Milano).

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