Barbaro (Asi) «Sportlab, oltre gli allori»

Romanista («Non eviti di scriverlo»), 53 anni, uomo di sport. Claudio Barbaro, presidente dell’Asi e membro della Giunta esecutiva Coni, è l’ideatore di «SportLab, le nuove formule dello sport», organizzato in collaborazione con l’Ufficio sport del Comune di Roma che andrà in scena dal 29 marzo al 5 aprile al Salone delle Fontane di via Ciro Il Grande.
Mi illustra in breve il convegno?
«È più un contenitore, che nasce dall’esigenza di iniziare a tracciare le basi per delineare un panorama nuovo. Davanti all’opinione pubblica lo sport fa venire in mente i successi dei nostri atleti, trionfi che però non sono stati sufficienti a far sviluppare una cultura sportiva di base».
Quali sono le esigenze del nostro sport?
«Da una parte cercare di capire come le strutture classiche riescono a fronteggiare una domanda che nel tempo è cresciuta a livello generale. Dall’altra quella di accrescere la sensibilità delle istituzioni, che pensano solo a organizzare attività agonistica».
Lei insiste sulla cultura di base.
«Certo, perché se a scuola si deve fare sport o se l’impiantistica sportiva non è adeguata, va a finire ci deve sempre pensare lo Stato. Che comunque se ne occupa in maniera disomogenea, senza un centro motore».
E la figura del Coni?
«Il Coni non ha risorse per risolvere questi problemi. E in più non si pone il problema in maniera adeguata, senza calcolare che c’è un piano normativo frastagliato e una sensibilità che fatica a emergere. Se non si comincia sia a livello centrale che a livello istituzionale pubblico (Camera, Senato, Parlamento, istituzioni) e non si trasferisce in periferia questa realtà attraverso iniziative, proposte e tesi, lo sport resterà materia di serie B. Ecco, SportLab rappresenterà uno stimolo di discussione. Non risolverà i problemi, ma almeno permetterà di accenderci sopra i riflettori».
Esiste una sinergia col Comune di Roma?
«Sì, perché è uno degli enti locali che ha più avvertito la necessità di sviluppare un discorso diverso in materia politico-sportiva. E all’interno di SportLab ci saranno anche iniziative che riguarderanno questa nuova visione amministrativa del Campidoglio, che si pone come centro motore di iniziative che vanno a fare sistema nel mondo dello sport».
Voeller ha detto che abbiamo strutture inadeguate
«L’analisi è realista. Ma è evidente che se in Champions tre squadre su tre hanno perso contro le inglesi, dipende anche dal fatto che i britannici hanno giocato meglio e mostrato una tecnica migliore».
Tornando agli stadi, ma l’Olimpico non viene considerato uno dei migliori impianti italiani?
«Certo, in Italia. Ma bisogna ammettere che lo stadio romano è scomodo, poco funzionale, senza parcheggi. All’estero è tutta un’altra cosa».
SportLAb è un punto di arrivo o di partenza?
«Di partenza. In questa prima fase abbiamo messo in contatto realtà diverse fra loro, per questo non può che essere uno start.

Bisogna modificare il modo di pensare, far capire soprattutto che le iniziative sportive non devono restare autoreferenziali, ma devono avere ricadute sullo sport di base».
Lei avanza anche l’idea del museo dello sport.
«È necessario, può rappresentare un fatto di accrescimento culturale».

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