La base di Sebastopoli resta russa: botte da orbi al Parlamento di Kiev

Il Parlamento dell’Ucraina ha approvato l’accordo che concede alla flotta russa il permesso di restare a Sebastopoli, porto strategico sulle coste della Crimea. Il voto, arrivato ieri, ha provocato proteste vibranti nelle strade di Kiev: settemila manifestanti hanno cercato di entrare nella Rada per fermare i lavori, ma sono stati fermati dalla squadre speciali della polizia. Anche in Aula è stata battaglia. I deputati dell’opposizione hanno lanciato uova e fumogeni contro il portavoce della Camera, Volodymyr Lytvyn, che ha letto l’esito della votazione nascosto dietro un grosso ombrello. Schiaffi, calci e pugni non hanno impedito alla maggioranza di portare a termine la seduta. Secondo il presidente della Repubblica, Viktor Yanukovich, è cominciata una «nuova fase» nei rapporti fra l’Ucraina e la Russia, ma le immagini mostrate dalla Tv di stato dicono che il processo sarà lungo. A Mosca, la ratifica ha richiesto meno tempo ed è avvenuta in una atmosfera decisamente diversa. La Duma ha ratificato l’accordo con voto unanime: si tratta di un grande successo decisivo per il capo del Cremlino, Dmitri Medvedev, e per il premier, Vladimir Putin.
Yanukovich guida il Paese da tre mesi e affronta la crisi economica peggiore degli ultimi dieci anni. Le fabbriche chiudono, la disoccupazione sale assieme all’inflazione, il percorso di ingresso nell’Ue è fermo al punto di partenza. Kiev ha bisogno di riforme, ma il Parlamento è spaccato: da una parte c’è il Blocco di Yulia Tymoshenko, che ha partecipato alla rivolta arancione del 2005, dall’altra il partito di Yanukovich, molto popolare fra gli elettori filorussi. Trovare un’intesa è impossibile, come dimostra la rissa scoppiata ieri alla Rada. Per i sostenitori del Blocco, il governo vuole svendere il Paese alla Russia. I negoziati sul porto di Sebastopoli sono terminati dieci giorni fa, con un incontro fra Yanukovich e Medvedev nella città di Kharkiv. Il presidente dell’Ucraina ha ottenuto uno sconto del 30 per cento sulle forniture del gas, che permetterà al Paese di risparmiare qualcosa come 40 miliardi di dollari. Per la Russia è un sacrificio importante, ma la contropartita è notevole. «Nessuna base al mondo è mai costata così tanto», ha detto ieri Putin, aggiungendo con la solita ironia che avrebbe potuto «comprare Yanukovich» con tutti quei soldi. Grazie allo scambio, la flotta russa potrà controllare i porti della Crimea sino al 2042: è un vantaggio decisivo sul piano geopolitico e consente al Cremlino di bloccare l’espansione della Nato.
Questa non è l’unica intesa raggiunta nelle ultime settimane fra l’Ucraina e la Russia. Putin è stato a Kiev lunedì, subito dopo la visita semi ufficiale in Italia, e ha proposto a Yanukovich di fondere le imprese pubbliche che si occupano di nucleare. L’accordo potrebbe arrivare nei prossimi mesi, dando vita a un colosso dell’energia con un piede in Asia e uno in Europa. L’altro grande patto riguarda le tariffe doganali. Il Cremlino ha promesso di cancellare le tasse sull’import dei tubi in acciaio prodotti nelle officine dell’Ucraina, una decisione che potrebbe sollevare l’industria più importante per l’economia locale.

Yanukovich pare più morbido del suo predecessore, Viktor Yushenko, sconfitto alla elezioni dello scorso gennaio. Ieri ha detto che non si può chiamare «genocidio» la grande carestia scoppiata in Ucraina negli anni in cui Stalin era alla guida dell’Unione sovietica, parole che hanno già scatenato molte polemiche in patria.

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