«Basta furti», in piazza contro Triboniano

I residenti si danno appuntamento per oggi pomeriggio. In corteo per chiedere telecamere, barriere anti-rumore e una linea diretta con l’amministrazione: «Ci ascoltino prima di decidere»

La folla arancione di via Paolo Sarpi, due settimane fa, ha lasciato il segno. Non tanto per convincere i grossisti cinesi a preparare le valigie, ma è servita da esempio. Altri cittadini «esasperati» stanno infatti per scendere in strada, oggi pomeriggio. A «ribellarsi» stavolta è il quartiere Certosa: leggasi quelli che del mega-campo rom di via Triboniano proprio «non ne possono più». L’appuntamento è alle 14.30 in via Luciano. Un altro corteo partirà da piazza Certosa di Garegnano, per convergere intorno alle 15 all’incrocio con via del Ghisallo.
Doppio serpentone umano per ribadire un paio di concetti alla gestione De Corato-Moioli. «Nonostante il Patto di legalità coi nomadi sistemati nei container dietro casa nostra, furti e aggressioni non sono affatto esauriti. E poi la prostituzione, a tutte le ore, minorile compresa, si diffonde senza tregua. In tutto la zona del cimitero Maggiore aumentano degrado, occupazioni abusive, traffici illeciti. Ci hanno trascurato, le nostre strade sono diventate l’immondizia di Milano». È l’amara constatazione della portavoce Emilia Dragonetti, vicepresidente del Coordinamento comitati milanesi, promotore dell’iniziativa assieme ad altre sei associazioni civiche. Stato dei fatti che, a guardare i numeri, lascia intendere un bilancio dell’operazione «Triboniano sicura» con più ombre che luci. «Dovevano essere 500 i rom ammessi all’insediamento, oggi sono almeno 700. Intanto ci troviamo a convivere con la polveriera più grande della Lombardia».
Praticamente un anno fa, a gennaio scorso, gli abitanti erano saliti a Palazzo Marino per chiedere alcune garanzie rispetto al piano di riqualificazione, avviato con la Casa della Carità di don Virginio Colmegna. Innanzitutto volevano una «recinzione con un unico ingresso», sperando così di controllare il numero degli occupanti. Secondo, telecamere di controllo sui muri di cinta in ognuna delle tre porzioni di campo. Pretendevano, inoltre, «il rispetto delle regole anche al di fuori dell’area assegnata ai nomadi». Tradotto no parcheggio selvaggio, basta latrine sui marciapiedi, stop al baccano con schiamazzi e musica a volume sparato. «Sarebbero bastate delle barriere anti-rumore». Infine, un numero verde, una linea diretta con gli uffici del Comune tramite cui «trovare con certezza interlocutori in grado di decidere subito».
«Tutte cose ancora assenti o realizzate soltanto in parte - spiegano i comitati -. Marciando, vogliamo ricordare agli amministratori l’impegno preso per riportare un’atmosfera vivibile». I cittadini reclamano un ruolo maggiore nel dialogo con le istituzioni, anche come consiglio di Zona. «E più coordinazione tra sicurezza, servizi sociali, vigili e altre forze dell’ordine.

Don Colmegna amministra la situazione in autonomia, ma è un sacerdote: non può fare ciò che spetta ad altri. Altrimenti rimarremo ostaggio di chi preferisce vivere nell’illegalità, ma con tanto di “permesso” del sindaco».

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