Cronaca locale

«Basta prof con l’eskimo il Sessantotto è finito»

«Essere Preside del Liceo Parini significa gestire difficoltà moltiplicate per un coefficiente che non so quantificare perché il Parini ha una lunga storia, una lunga tradizione. Ha insegnanti validi, ma una parte di essi sovente confonde la trasparenza con l’atteggiamento di chi vuole che tutto si sappia per combattere battaglie che non c’entrano con la Scuola». Così dice Carlo Pedretti, classe 1949, laurea in Lettere, Preside del Liceo Parini dal 2004.
Quali sono queste battaglie?
«Battaglie di carattere ancora latamente politico. Non sono in molti. Però rappresentano le sopravvivenze del passato».
Quindi le difficoltà?
«Sono difficoltà comuni a tutte gli Istituti. Però il Parini, essendo una scuola di prestigio, è sotto i riflettori. Meglio sarebbe se fosse meno esposta: ci sarebbe una maggiore tranquillità per lavorare».
Il lato più difficile qual è?
«È quello di gestire certi insegnanti senza avere i mezzi per farli ragionare».
Quali mezzi?
«Ad esempio far rispettare la norma di non divulgare le delibere e le discussioni di un consiglio di classe sempre verbalizzato e con segreto di ufficio. Il consiglio di classe riguarda anche singoli casi. E non si può uscire e telefonare all’amico giornalista dando errate versioni dei fatti. Questa è la legge che purtroppo in Italia non viene rispettata».
Sbaglio o mi sembra molto arrabbiato?
«Si, lo sono. Poiché l’altro ieri si è fatto un consiglio di classe che il giorno dopo è stato raccontato in maniera errata ad un quotidiano che ha riportato notizie assurde».
La sua versione?
«Sono stato accusato di misoginia, cosa non vera, che un giornalista serio non dovrebbe dire poiché non è neppure diffamatoria, ma soltanto priva di senso. La famosa discussione con l’insegnante non vi è neppure stata. La signora in questione non ha ascoltato quello che dicevo: è andata avanti a parlare autisticamente, a ripetere concetti errati con lo sguardo fisso nel vuoto. Io ho commesso l’errore di farla presenziare ad un colloquio con due genitori. Avrei dovuto tenerla fuori della porta».
Un giudizio sugli allievi del Parini di oggi? Sono difficili?
«Sì, lo sono. Ma, per fortuna, tra loro ci sono ancora tanti ragazzi in gamba. Purtroppo devo rilevare che sovente alcuni insegnanti non sanno prenderli dal lato giusto. E dove esiste un problema psicologico, accade che i problemi di certi insegnanti confliggono con quelli dei ragazzi. Il risultato è negativo. Deve essere l’adulto a prendere per mano l’allievo e ciò non succede quando invece l’atteggiamento è autistico, autoreferenziale e passatista come nel caso sopra citato. Come mai certi studenti con me ragionano e con qualcun altro no? L’atteggiamento deve essere quello di promuovere il benessere della scuola. È evidente che certi insegnanti cercano di avere un approccio diverso poiché si trovano di fronte a ragazzi appena usciti dalla scuola elementare-media con una preparazione che non è quella di 50 anni fa. Noi non dobbiamo farne dei latin-grecisti, ma formare giovani italiani, cittadini, con una cultura classica degna della nostra tradizione».
Intende dire che i liceali studiano poco?
«Diciamo che dalla scuola media, arrivano studenti poco addestrati allo studio. E purtroppo dietro di loro, ci sono genitori pronti a sindacare sulle decisioni scolastiche. O capaci troppo spesso di fare i sindacalisti degli esiti dei loro figli».
Tutto ciò proviene dal 68?
«Esiste ancora un certo retaggio. Ma soprattutto dipende da un errato concetto di democrazia e di uguaglianza. Quando le diseguaglianze esistono non si può crogiolarsi nel sogno giacobino dell’uguaglianza totale. Comunque i nostri studenti sono tutti in grado, studiando in modo equilibrato, di arrivare alla sufficienza. Non ci arrivano quelli che non sono stati educati ad arrivarci poiché di stupidi non ne abbiamo».
I muri del Parini sono rimasti puliti dopo l’ultima imbiancatura. Vuol dire che è aumentata la sorveglianza o sono state installate telecamere?
«Non ci sono telecamere esterne, mentre quelle interne, in corrispondenza delle porte laterali, sono molto primitive, ma la Provincia ha problemi economici e non può dare in dotazione alle scuole strumenti più efficaci. Se poi i muri esterni sono puliti, ciò è dovuto alla solerzia del nostro custode, il "mitico" Nicola, al quale va un particolare ringraziamento».
Come vede il mondo dei genitori di questi ragazzi?
«È un mondo variegato. Il 40, 50% delle famiglie è scoppiato. Di conseguenza i ragazzi ne hanno risentito. Abbiamo genitori che si impegnano, ma non capiscono quali siano le funzioni dei Consigli di classe o di Istituto e tendono, sull’onda sessantottina, a trasformare questo organo collegiale in modo politico. Ad esempio, pensare al Consiglio di Istituto come a un piccolo Parlamento o una piccola dieta del Sacro Romano Impero dove erano rappresentati i vari status. Non è così. Certi genitori vorrebbero parlare di argomenti che esulano da ciò che la norma stabilisce essere il contenuto del Consiglio di Istituto».
La differenza tra gli studenti di oggi e quelli di vent’anni fa? E riguardo l’abbigliamento a scuola?
«Una ventina di anni fa c’era più serietà. Io non voglio imporre nulla. Spero nel buon senso dei ragazzi e dei genitori. La decenza è indispensabile a scuola e fuori. Purtroppo quando si apre la televisione quello che si vede è molto spesso non decente. Sono stati eliminati i valori. E le conseguenze sono alla luce del sole».
Cosa pensa del programma Gelmini?
«È una riforma ottima e dovrebbe essere più radicale. Eliminare i progetti inutili. Dare maggior peso ai presidi. Non perché il preside debba fare il ras. Ma perché deve esserci qualcuno che abbia la facoltà di decidere. Il preside oggi è delegittimato. Ha alle costole la Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria)».
Cosa è rimasto della “Zanzara“?
«Nulla. Abbiamo un giornalino scarso che dovrebbe essere più culturale e con una maggiore partecipazione dei docenti. Dagli Anni Novanta gli errori si sono accumulati. Da un lato i sindacati hanno fatto il male della Scuola e dall’altro abbiamo avuto contratti, i quali hanno fatto il male degli Istituti. Il lavoro organizzato in questo modo non funziona. Bisogna pagare gli insegnanti perché diano il massimo ai loro allievi».
La qualità degli insegnanti al Parini?
«È buona. Anche se sono soggetti a “svarioni” di carattere ideologico inammissibili».
Svarioni ideologici di quale tipo?
«“Quello è un autore di destra per carità“. Poi, grazie all’apporto di qualche intellettuale, non più messo al bando dalle nostre Facoltà di Filosofia, si rendono conto che non esiste la contrapposizione di un tempo. L’anno scorso sono stato oggetto di una campagna denigratoria grazie a insegnanti appartenenti alla Cgil e alla Cisl perché ho commesso l’imprudenza di dare alle classi del triennio un invito ad una serata a Buccinasco su Julius Evola morto nel 1974. Apriti Cielo. Per gli insegnanti, Evola uguale nazismo: perché ha introdotto la conoscenza dello yoga in Italia, del tantrismo ecc. Sono stato accusato da alcuni insegnanti di voler far conoscere ai ragazzi il neonazismo».
Cosa vorrebbe dagli studenti del Parini e dai loro genitori?
«Vorrei che capissero i valori della cultura, del bello e che fossero più rispettosi dell’ambiente scolastico».
Esistono problemi di droga all’interno del Parini?
«La droga esiste dappertutto, ma adesso sono riuscito a bloccarla impedendo l’infiltrazione di spacciatori con la chiusura del parcheggio e con l’aiuto della Provincia è stata alzata di mezzo metro la rete».
Concludendo?
«Amo il Liceo Parini: mi piace perché è una scuola che realizza sotto vari punti di vista l’idea di Liceo Classico. Realizza quella cultura che sta alla base del sapere italiano.

Auspicherei un maggiore interesse per l’umanesimo poiché oggi si fanno forse più cose di carattere scientifico che umanistico».

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