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Battaglia di candidature nei Ds ecco la lista dei big da ripescare

Battaglia di candidature nei Ds ecco la lista dei big da ripescare

da Roma

È stato un vertice difficle, con discussioni fino a notte. L’ufficio di presidenza della Quercia ha affrontato il nodo delle deroghe parlamentari, una questione cruciale per le prossime candidature. Deputati e senatori «anziani», infatti, rischiano di restare fuori dai giochi. Tutta colpa della regola interna ai Ds che sbarra la candidatura a chi ha già fatto due legislature.
È una regola che punta al rinnovamento, ma che non vale per tutti: i big non si possono lasciare fuori. La presidenza ha così proposto di salvare 21 deputati: Bandoli, Barbieri, Benvenuto, Buffo, Cabras, Crucianelli, D’alema, Fassino, Finocchiaro, Fumagalli, Leoni, Lucà, Lumia, Melandri, Mussi, Ranieri, Spini, Vigni, Visco, Violante e Turco. Più severo invece il taglio a Palazzo Madama. I senatori da salvare sono solo sette: Angius, Bassanini, Brutti, Calvi, Morandi, Salvi, e Villone. I Ds fanno comunque sapere che, a parte i capilista, le new entry per le prossime elezioni «saranno molte».
Se sotto la Quercia si parla di parlamentari sommersi o da salvare, altrove nella coalizione si discute sui simboli. Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi di fervida mente, ci rimugina su da mesi. «Se non mi concederanno il simbolo dell’Unione al Senato, il Sole-che-ride si presenterà a macchia di leopardo, solo dov’è sicuro di prendere seggi. E allora voglio vedere quanti voti si perdono...». Marco Lion, tesoriere dei Verdi e depositario dei simboli con insospettabili doti grafiche, intanto ha sfornato versioni su versioni. Emiciclo in alto, emiciclo via e dentro l’arcobaleno, scritta «per l’Unione» al centro, e poi «con», un po’ più su, un po’ più giù. Ma a «quelli là», Margherita e Ds in ordine di veto, non gliene va mai bene una. «Sta venendo un orrore - lamenta Lion disperato -. I simboli dovrebbero essere semplici e lineari, questo sta diventando un ectoplasma...».
Insomma, l’ennesima riunione «tecnica» è fallita ancora ieri. Le condizioni poste dagli ulivisti, attraverso soluzioni che sembrano pensate apposta per confondere le idee e sbeffeggiare ogni decenza grafica, sono: in alto i simbolini in versione bonsai di Sole-che-ride, Pdci e Lista consumatori (e potrebbero aggiungersi anche altri, chissà). In basso l’arcobaleno, ma contenuto da una bandiera della pace e sormontato dalla scritta «con l’Unione». Incredibile a dirsi, il rappresentante della Margherita al tavolo (Beppe Fioroni) ha eccepito persino che il «con» fosse su e «l’Unione» sotto. No, «va tutto su una riga», così da rendere lillipuziana la scritta. Ridotte ormai al rango di formiche, anche le «formiche» hanno cominciato a incavolarsi. Paolo Cento, che accompagnava Lion, ha abbandonato il tavolo con un diavolo per capello (e i pochi che ha sono arruffatissimi). Anche il rappresentante dei comunisti dilibertiani, Severino Galante non è stato molto tenero, denunciando l’«incomprensibile chiusura». «Il simbolo dell’Unione collegato al simbolo dei nostri partiti è a vantaggio dell’Unione, mica dei nostri partiti - ha spiegato Galante -. O si capisce questo, oppure si fa un mercato delle vacche».


A questo punto, pare inevitabile l’intervento di Prodi che, novello Salomone, viene invitato da Verdi e Pdci a «sbloccare uno stallo incomprensibile se non pretestuoso».

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