La battaglia per il Comune di Bollate

«Non è importante destra o sinistra a livello locale»: parola di Vincenzo Mandalari, capo della «locale» ’ndranghetista di Bollate. E proprio dietro al capitolo dedicato a Bollate dei mandati di cattura eseguiti nella notte di martedì si legge una storia dove la politica è solo il pretesto per fare affari. Al punto che gli uomini della malavita organizzata si alleano con esponenti politici per ribaltare le amministrazioni locali e lasciare strada libera ai propri affari.
Sul versante strettamente politico, la storia di Bollate è una faida tutta interna al centrosinistra: con il leader dell’ala «dura» dei Ds, l’assessore Franco Simeti, poi transitato in Sinistra democratica, deciso a fare cadere il sindaco, l’ex sindacalista Carlo Stelluti. Ed è in questa operazione che si inserisce il boss Mandalari, che lavora persino ad un progetto di lista civica che porti alla elezione di un sindaco «amico». L’assessore Simeti e il boss si incontrano, si telefonano, prendono accordi, controllati dai carabinieri. Ecco come il giudice Ghinetti sintetizza la faccenda: «La strategia portata avanti in prima battuta da Mandalari e Simeti è la seguente: far cadere la giunta comunale di Bollate attraverso un voto contrario sull’approvazione del bilancio comunale; successivamente, alle elezioni comunali, presentare un proprio candidato sindaco e allearsi con qualche forza politica. Come più volte affermato nel corso delle intercettazioni telefoniche, l’interesse di Mandalari non è certo di carattere politico quanto piuttosto di carattere affaristico, Mandalari vuole che la nuova amministrazione favorisca i suoi interessi imprenditoriali affidandogli lavori».
La strana coppia - l’assessore comunista e il padrino calabrese - si dà da fare alacremente. A far cadere il sindaco si prova anche per via giudiziaria, Stelluti viene denunciato per falso, Simeti va in tribunale a testimoniare contro di lui ma il sindaco viene assolto, e a quel punto è Simeti a dover lasciare la giunta. Il 18 dicembre si tiene una cena per lanciare il progetto. Simeti annuncia la svolta a Walter Moro, vicesindaco, anche lui in rotta con Stelluti: «C’è un movimento grosso di persone che costituisce una lista civica». «Il 29 dicembre Simeti e Mandalari riprendono il tema della nuova forza politica a Bollate, nel gennaio 2009 iniziano a farsi i primi conti in termini elettorali, come emerge da una conversazione tra Simeti e Mandalari in cui si stima di arrivare al quorum di 800 voti per avere almeno un consigliere per avere voce in capitolo». Il boss Mandalari intanto è già scatenato, chiama gli accoliti dicendo di non prendere «impegni» per il voto a Bollate perché ci sarà «il partito di Mandalari».
Ma il partito del boss, alla fine, non si farà. Simeti non si presenta alle elezioni. Il centrosinistra viene sconfitto dalla coalizione di centrodestra che porta alla guida di Bollate una giovane avvocato, Stefania Lorusso. E così anche il progetto di conquistare Bollate finisce nel novero dei tanti fallimenti della ’ndrangheta quando tenta - almeno al nord - di fare politica in prima persona. Ma resta un dato di fatto: quando ha tentato di affacciarsi alla ribalta elettorale, Mandalari ha trovato porte aperte, ha trovato politici di lungo corso disposti a parlare con lui, a fare accordi con lui, a prendere i suoi voti. Eppure a Bollate - anche prima della retata dell’altro ieri - erano in tanti a sapere bene chi fosse in realtà Vincenzo Mandalari.

Che - sia detto per inciso - è uno dei pochi indagati riuscito miracolosamente a sfuggire alla cattura: anche se forse era meglio per lui che l’avessero preso, visti i danni che ha fatto ai suoi complici chiacchierando a briglia sciolta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica