Politica

La battaglia no global: «Amnistia e indulto»

Caruso & c. scrivono ai giudici per chiedere la scarcerazione di 25 autonomi in cella per violenze

da Roma

Rifondazione inizia a fare Rifondazione dopo una campagna elettorale in cui le battaglie sono state messe nel cassetto nel nome dell’unità della coalizione. Il Prc non si è fatto addomesticare da Romano Prodi come si sarebbe potuto pensare negli ultimi tempi, almeno a guardare le nuove iniziative partite a Milano e Bologna. E Massimo D’Alema in un colloquio informale con Repubblica sembra si sia sfogato proprio in questo senso: vi sono frange del partito del subcomandante Fausto non facilmente gestibili. «Se Bertinotti fa il Presidente della Camera, chi si occupa di Rifondazione? Con tutto l'affetto ed il rispetto, ci porta Caruso e Luxuria in Parlamento, e poi tocca a noi gestirli?», si sarebbe disperato il presidente ds.
E Caruso va subito all’attacco chiedendo un’amnistia generalizzata per i no global incriminati. «In 5 anni di governo Berlusconi - ha detto Caruso - oltre 8000 attivisti sono finiti sotto inchiesta per le lotte e le mobilitazioni sociali contro le politiche di precarietà, di guerra e precarietà portate avanti dal governo del centro-destra. C'è bisogno di procedere immediatamente a un'ipotesi di “grande intesa” su due provvedimenti specifici: l'indulto e l'amnistia generalizzata, perché richiedono, per essere varati, i due terzi dei voti del parlamento». Caruso chiede «una forte mobilitazione dentro e fuori le carceri per far pressione affinché questo provvedimento venga varato immediatamente, per liberare una generazione politica dal rischio di essere privata della libertà a causa del proprio impegno politico e sociale e per svuotare le carceri sovraffollate di disagio ed esasperazione sociale. Al tempo stesso - conclude Caruso - bisognerà abrogare le leggi emergenziali e la legislazione fascista ancora in vigore perchè alcuni magistrati, come il pm Paolo Giovagnoli di Bologna, non ne usino e abusino per incriminare istanze e lotte sociali come problema di eversione».
A Bologna il rapporto tra il partito di Bertinotti e il sindaco Sergio Cofferati si è deteriorato negli ultimi mesi su varie materie. Ora il Prc, con i Verdi, va invece all’attacco del pm Paolo Giovagnoli, noto per aver gestito l’inchiesta su Marco Biagi, di cui era molto amico, e per aver condannato i principali esponenti delle nuove Br. Contro di lui i consiglieri dei due partiti hanno presentato una mozione in Comune che imbarazza la maggioranza. Giovagnoli aveva contestato ad alcuni attivisti di rete Universitaria le accuse di manifestazione non autorizzata e violenza privata, perché gli autonomi avevano deciso di autoridursi il prezzo del pasto alla mensa di 4,80 euro. L’esproprio del menù, però, secondo Prc e Verdi, non è un atto grave e da parte del pm Giovagnoli vi sarebbe stato «un uso politico della magistratura».
Tiziano Loreti, il segretario di Rifondazione, ha addirittura chiesto un intervento dell’Unione a Roma contro il magistrato: «Deve intervenire l’Unione a livello nazionale - avverte - il caso Giovagnoli sta andando oltre ogni prospettiva». L’avversione al pm anti-Br sembra generalizzata in Rifondazione. Ieri il neodeputato Francesco Caruso ha deciso di provocare il pm autodenunciandosi per eversione: «Nel 1996 - si è costituito - ho organizzato per due mesi consecutivi l’autoriduzione alla mensa universitaria di Bologna e per questo chiedo al pm Giovagnoli di essere perseguito come eversore, per rendere ancor più ridicole le inchieste e le persecuzioni politiche nei confronti dei movimenti sociali».

Caruso ha deciso quindi di autoproclamarsi «deputato eversore» e puntualizza: «In una democrazia non si può essere definiti eversori semplicemente per aver organizzato una protesta contro il caro-mensa».

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