Battaglia sul lavoro, ecco la verità su Monti

Il premier si rivela sempre più berlusconiano e vuole cancellare l’articolo 18. Speriamo ci riesca Per farlo dovrà scontentare Cgil e Pd. Con il rischio che Bersani & C. lo facciano cadere in Parlamento

Battaglia sul lavoro, ecco la verità su Monti

Ignoriamo quanti sappia­no cosa sia l’articolo 18 di cui si parla da una vita. In poche righe cerchiamo di spiegarlo. Nelle aziende con ol­tre 15 dipendenti non si può li­cenziare nessuno se non per giu­sta causa. Se la causa sia giusta o meno lo stabiliscono i giudici se­­condo criteri affidati alla loro di­screzionalità, cioè arbitrari, per­ché la legge è come la gomma americana, la tiri dove vuoi. Sta di fatto che difficilmente un di­pendente, in caso di vertenza, perde la partita perché i magi­strati - spesso ideologizzati - so­no dalla sua parte. Le toghe non saranno rosse, ma sono di sini­stra e la loro idea di giustizia è no­ta. Se il datore di lavoro caccia un dipendente, è consapevole che poi dovrà riaccoglierlo e pa­gargli pure gli arretrati. Non so­lo, sarà costretto a ricollocarlo nel medesimo posto da cui era stato rimosso. E amen. Logica vorrebbe che un opera­io o un impiegato, se non va be­ne all’azienda per motivi profes­sionali, fosse possibile allonta­narlo, pagandolo una cifra. Ciò invece è vietato. Se lui vuole esse­re integrato, perché la sentenza gli ha dato ragione, c’è poco da discutere: bisogna dargli soddi­sfazione. Cosicché gli imprendi­tori, davanti al rischio di avere dei dipendenti inamovibili, ri­nunciano a priori ad assumer­ne. E addio sviluppo, addio cre­scita, addio investimenti esteri in Italia, considerata una brutta copia della defunta Unione So­vietica.

Da anni si tenta di eliminare l’ostacolo, cioè l’articolo 18 del­lo Statuto dei lavoratori, ma sen­za successo. Berlusconi ci pro­vò, ma dovette rinunciare, altri­menti i sindacati, legati a doppio filo alla sinistra, lo avrebbero im­pallinato. Il nostro è l’unico Pae­se al mondo ad avere una legge tanto assurda, e ne paga le conse­guenze. Solo un pazzo, un auto­l­esionista incrementa gli organi­ci di una fabbrica, sapendo che mettere a libro paga un dipen­dente è peggio che sposarlo: non se ne libera più. Il matrimo­nio è dissolubile grazie al divorzio; il rapporto di lavo­ro, invece, è eterno, non si scioglie senza la benedizione di un tribuna­le, quasi sempre incline a maledire i padroni. Poi ci si domanda per­ché il precariato abbia preso pie­de. Ovvio. Meglio cento precari che un salariato con posto fisso, tal­mente fisso da essere perpetuo.

Un aneddoto esemplificativo. Anni orsono, un commerciante di carni scoprì che un suo aiutante gli scopava la moglie. Seccato, il ma­cellaio lo licenziò nella speranza di salvare la propria famiglia, ma il li­cenziato adì le vie legali e il giudice emise un verdetto sfavorevole al cornuto, che fu obbligato a ripren­dersi nella ditta chi lo aveva fatto becco. L’episodio fece scalpore, ma non servì a modificare la rego­la. Che, difatti, è ancora in vigore.

Ora è arrivato a Palazzo Chigi Mario Monti e pare - sottolineo pa­re - che sia intenzionato seriamen­te a correggere la norma. Venerdì ha dichiarato che l’articolo 18 (di cui stiamo discettando)frena l’ago­gnata crescita e bisogna eliminar­lo. Subito. Entro marzo. Per pura scaramanzia, preferiamo dire a chiare lettere che il premier non riuscirà nell’intento,perché cono­sciamo la protervia dei sindacati che su questo punto hanno vinto ogni controversia. Ma se il profes­so­re compisse il miracolo di impor­re la propria volontà, noi cesserem­mo all’istante di criticarlo. Non so­lo, ma lo proporremmo per il pre­mio «Uomo dell’anno», anzi del mezzo secolo. Perché significhe­rebbe che finalmente abbiamo tro­vato il leader che desideravamo da lustri,capace cioè di governare nel­l­’interesse dei cittadini e non per compiacere ai tribuni del popolaz­zo.

Se Monti porterà a termine quan­to Berlusconi aveva sperato di fare, noi saremo al suo fianco. Ma atten­zione, signor docente bocconia­no. Le ricordiamo che lei ha ina­sprito le tasse per decreto; ha fatto le liberalizzazioni (termine impro­prio) per decreto; ha realizzato le semplificazioni burocratiche per decreto; quindi, per decreto dovrà agire allo scopo di cancellare l’arti­colo 18. Un decreto del genere è in­viso alla Cgil e, di conseguenza, al Partito democratico. Non impor­ta.

Proceda lo stesso in questo cam­po come ha proceduto nel resto.

Se poi il sindacato rosso e il suo refe­rente politico, il Pd, si impunteran­no e faranno cadere il governo, be', allora sapremo ufficialmente chi è privo di giudizio e deve addossarsi la responsabilità del fallimento ita­liano. Coraggio, professore.

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