Battuto dai Cesaroni

C’è qualcosa di epocale e nello stesso tempo di simbolico nel sorpasso realizzato l’altra sera nel Paese della Televisione, che poi è l’Italia intera, o quasi. Qualcosa di definitivo. Forse non ce n’era bisogno, non serviva la controprova, tanto che da giorni si scriveva che questo festival di Sanremo era agonizzante. L’eccezionalità del caso di cronaca dei fratellini di Gravina era solo un alibi fuorviante che copriva la debolezza della liturgia dell’Ariston. Ora c’è il certificato di decesso. A decretarlo è stato il paparone verace della Garbatella, il Claudio Amendola dei Cesaroni, serie tv di Canale 5 giunta alla seconda stagione. Chissà se l’infarto patito dal buon Giulio alla vista di Marco e Eva a letto insieme - lui figlio suo, lei figlia della nuova moglie Lucia (Elena Sofia Ricci) - avrà provocato qualche scompenso nell’organismo già cardiopatico del festival.
Un telefilm, per quanto ben fatto, furbo e magari pure un po’ ruffiano, che surclassa l’evento dell’anno di Mamma Rai. Beh, ce n’è da riflettere. La lentezza della gara, il pubblico anziano, la cerimoniosità di Superpippo, le canzoni così così, i giovani che navigano su internet e non reggono più il rito pachidermico della kermesse. Tutto vero: ma ancora compatibile con il primato del festivalone, seppure meno dominante che in passato. Quelle erano solo le premesse, il terreno fertile, le condizioni favorevoli. Con il sorpasso dell’altra sera l’escalation si è compiuta. L’Italia simpatica, gradassa ma dal cuore d’oro, pragmatica e popolare, quella che ha in Sordi il suo prototipo, ha mandato a casa quella abitudinaria, compassata, prevedibile di Superpippo. La bottiglieria della Garbatella ha spento le mimose della Riviera ligure.
Del resto sono anche due modi opposti di guardare e di concepire la televisione. Mentre i diciottenni Eva e Marco, fratellastri alle prese con un innamoramento tanto tumultuoso quanto complicato, si baciano e accarezzano, Giorgia canta (pur benissimo) Se stasera sono qui di Luigi Tenco. Mentre Giulio e Lucia si scervellano per far quadrare la convivenza tra i loro cinque ragazzi e si sfidano a colpi di gelosie e «bonus fedeltà» (per lei tradimento concesso - ma non ammesso - con Raoul Bova, Brad Pitt e Antonio Banderas, per lui con Alena Seredova, Pamela Anderson e Catherine Zeta-Jones), sul palco dell’Ariston si esibisce la bravissima, ma non premiata, Giua. Da una parte si partecipa di una storia che appassiona, coinvolge, adesso che cosa succederà, chi gestirà la storia tra i due fratellastri, che ripercussione avrà sul resto della famiglia? Dall’altra c’è una gara canora e ci si può solo chiedere chi vincerà. Nella famiglia allargata e caciarona rappresentata dai Cesaroni gli italiani si rispecchiano e identificano. Al festival si può solo assistere, senza troppo riconoscersi. Sono due fruizioni diverse: emotivamente coinvolta la prima, esteticamente passiva la seconda.
Anche quattro anni fa, in occasione del precedente sorpasso patito dal festival gestione Tony Renis-Simona Ventura, battuto dalla quarta edizione del Grande fratello, lo schema era lo stesso. Identificazione nei ragazzi del Gieffe da una parte, fruizione passiva della gara dall’altra, compensata appena dal televoto nelle serate finali.

Stavolta però c’è un elemento in più: il Giulio di Claudio Amendola, forse, è più nazional-popolare di Pippo.
Se ne faccia una ragione Baudo. E anche la Rai: qualcosa è cambiato. Chissà se i dirigenti di Viale Mazzini ne trarranno le conseguenze. I telespettatori l’hanno già fatto.
Maurizio Caverzan

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