Bebè abbandonati, «ruote in ogni ospedale»

I ministri Turco e Bindi: «Vanno installate in ogni maternità» Ma tacciono su come finanziarle

Michele Perla

«Ogni bimbo che nasce è la prova che Dio non si è scordato di noi». La frase dello scrittore indiano Tagore è lì a ricordare che la vita è sacra. Se un figlio non si vuole o non si può tenere, la cosa più umana è quella di consegnarlo a chi può prendersi cura di lui.
In che modo? Istituendo una «ruota salva-bambini» in ogni ospedale. Per ora il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, e quello della Salute, Livia Turco, si limitano a «invitare» tutti i nosocomi dotati di reparti maternità a «dotarsi al più presto di una “culla per i bimbi abbandonati”». Di finanziamenti destinati a questo scopo o di progetti concreti in tal senso la coppia Bindi-Turco non fa cenno.
Una tradizione, questa della «ruota degli esposti», che dal Medioevo è arrivata fino ad oggi e che anzi - proprio negli ultimi tempi - è tornata di «moda» anche nel nostro Paese. Soppresse ufficialmente nel 1923 con il «Regolamento generale per il servizio di assistenza agli Esposti» del primo governo Mussolini, le ruote sono tornate in tempi recenti.
In Italia la ruota è riapparsa nel 1993 ad Aosta nel convento delle suore di San Giuseppe, poi a Casale Monferrato (’95), a Treviso (’97), a Palermo (’98) e, negli anni più recenti, a Roma, Firenze, Civitavecchia e Bergamo.
L’ultimo episodio risale a domenica 25 febbraio quando nel «box tecnologico» del policlinico del quartiere romano del Casilino è stato lasciato un bambino di tre mesi. Un neonato che ha così potuto verificare direttamente l’efficienza di un sistema che non ha nulla a che vedere con la vecchia ruota: inaugurata il 7 dicembre 2006, ha infatti l’aspetto di una casetta dove la mamma, spingendo un vetro, deposita il piccolo in un lettino; poi scatta l’allarme e gli infermieri arrivano in pochi secondi. La cosa funziona, tanto che l’assessore alla Sanità del Lazio, Augusto Battaglia, ha già predisposto un piano per attivare la ruota in tutti gli ospedali della regione forniti di reparti di maternità.
Sulla stessa linea hanno deciso di muoversi anche nel Milanese. In mancanza del tradizionale convento di suore, la ruota (una costruzione in muratura rettangolare di due metri per 1,5) è stata collocata all’estremità della casa di riposo, in via 24 maggio a Marcallo con Casone, alle porte di Magenta. Un servizio che punta a «contrastare l’abbandono di neonati», soprattutto da parte di donne extracomunitarie.
Padre del progetto l’ex sindaco, ed oggi parlamentare della Lega Nord, Massimo Garavaglia: «Molte mamme non sanno che oltre all'aborto e all'abbandono, esiste anche la possibilità di non riconoscere il proprio figlio. Questo strumento permetterà di salvare la vita di tanti piccoli ed al tempo stesso potrà far felici molte nostre coppie, visto che sul territorio c’è una forte domanda di adozioni, e ben conosciamo quali sono le lungaggini burocratiche e le difficoltà per poter avere un bambino in adozione».
La «Culla della vita» si presenta come un ambiente in cui il neonato rifiutato, potrà essere «riposto» senza rischi.

Infissi in ferro e sportellino apribile soltanto dal basso verso l’alto; all’interno un piano pensile per sorreggere una culla riscaldata, collegata ad impianti di rilevazione: una telecamera si accenderà all’atto della chiusura dello sportello e tramite un rilevatore elettronico, partirà la segnalazione che arriverà direttamente sul display del telefonino del direttore sanitario della casa di riposo.
L'allarme verrà azionato due minuti dopo la chiusura del dispositivo, per lasciare il tempo alla madre di allontanarsi senza farsi riconoscere.

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