Beha: "Io oscurato dalla Berlinguer"

Beha: "Io oscurato dalla Berlinguer"

Oliviero Beha, lo Zorro della tv, prima o poi sguaina la spada. Più prima che poi, di solito. Ora il duello è con il direttore del Tg3 Bianca Berlinguer: due anni d’amore e d’accordo, un commento domenicale sul calcio, corrosivo come sa esserlo lui, infine i mondiali che travolgono la nostra nazionale, ma anche il rapporto fra l’algido direttore e il sulfureo giornalista. Che subito si stacca di dosso tutte le etichette che vorrebbero appiccicargli: «Non voglio parlare di censura». E di che cosa parliamo? «Di selvaggina». Selvaggina? «Sì, hai (...)
(...) capito bene, selvaggina, mi sparano sempre addosso, tutti, tutti tutti. Destra o sinistra non a fa differenza. Finisce sempre allo stesso modo, che mi cacciano». Ma che è successo? «Succede sempre la stessa cosa. Io faccio grandi ascolti, tutti mi riempiono di attestati di stima, il pubblico gradisce, poi un bel giorno mi espellono come fa l’arbitro, solo che io non ho commesso falli. E nessun quarto uomo è mai venuto a spiegarmi cosa avrei fatto. E poi succede pure un’altra cosa: siccome sono orfano, non ho padrini politici, non appartengo alle lobby giuste, allora la mia cacciata dal video provoca una generale alzata di spalle. Io non sono la Busi che mobilita i sindacati della Rai, non sono la Buongiorno epurata da Signorini e icona di certi salotti sinistri, sono uno di cui non frega niente a nessuno. In pubblico, perché in privato io non faccio che rispondere al telefono ad amici e meno amici che solidarizzano, a parole, con me. A sentire il telefono tutto il mondo è con me, poi se metto fuori la testa scopro di essere da solo. Boh».
Insomma, Beha, qualcosa si sarà rotto con la Berlinguer. «Io, tanto per chiarire le idee, sono in video per un ordine di servizio dell’ex direttore generale della Rai. C’era di mezzo una causa, causa penale non di lavoro, con la Rai e Cappon d’accordo con Di Bella mi dirottò al Tg3 a pontificare di calcio. Intendiamoci: un pontificale di due minuti e mezzo la domenica, che se arrivavo a tre ero convinto di aver recitato i Promessi sposi. Per due anni siamo andati avanti così, prima con Di Bella poi con la Berlinguer. Gli ascolti ci hanno premiato. Tutti mi ripetevano, anche la Berlinguer, "Oliviero come sei bravo". Poi, il patatrac».
Il patatrac? «Prima dei mondiali io e il direttore ci eravamo accordati. Io avrei seguito l’Italia e alcuni grandi eventi, tipo la partita di inaugurazione e quella di chiusura. Invece, la sera dell’inaugurazione, un paio d’ore prima della partita, mi dicono al telefono una frase molto carina: non sei previsto. Io allora mi faccio passare la Berlinguer che sempre molto educatamente mi dice: stasera c’è il Sudafrica e mi sbatte giù la cornetta. La domenica fila liscia, il lunedì entro in studio e mi microfonano per seguire l’Italia. A quel punto dopo qualche secondo di trambusto, mi tolgono il microfono e mi sbattono fuori. Chiedo spiegazioni al vicedirettore Giuliano Giubilei che sempre molto carinamente, mi spiega: ci siamo dimenticati di dirti che non eri previsto. Mi rivolgo al direttore che mi liquida urlando: tu non puoi venire quando ti pare. Il 27 giugno, domenica, dovrei entrare nel mio fortino di due minuti e mezzo, ma mi buttano fuori dallo studio. Non parlo, non parlo più di calcio, nemmeno la domenica. L’indomani, 28 giugno, avrei un appuntamento già fissato con la Berlinguer, ma lei mi anticipa col solito telefono: tu mi ricatti con l’ordine di servizio Cappon, tu vai in giro a dire che procederai per avvocati, io non ti do nessun appuntamento. E questo è tutto. Ora il campionato è ripreso, nessuno mi ha chiamato, però giovedì alla festa del Pd a Pesaro qualcuno mi ha chiesto: ma sei sicuro di andare in onda domenica?».
Il risultato è curioso: Beha riceve periodiche standing ovation cui segue, più puntuale di un treno svizzero, la cacciata da parte di chi l’aveva appena ricoperto di elogi. E lui, altrettanto puntualmente, scatena avvocati e giudici.
Certo, è avvilente che i palinsesti li facciano i magistrati. «È avvilente, concordo, ma è ancora più avvilente che il direttore mi tolga la sedia senza neanche avere la decenza di dirmi almeno "mi fai schifo", anzi dopo aver studiato con me i contenuti degli interventi. Tanto il sottoscritto non è battezzato in certi salotti. È così dal 2002, quando fui assunto come vicedirettore per rifondare lo sport e invece fui relegato alla radio. Dove fui retrocesso a caporedattore, allora chiesi di andare in Spagna ma mi risposero che non si poteva fare perché là c’era un caposervizio e mi avrebbe fatto causa. Poi ci è andato Badaloni, si vede che per lui si poteva fare.

E allora, per non arrugginirmi, mi offro: sono disponibile a uscire a cena con la Busi o la Hunziker e pure ad incontrare la famiglia Tulliani. Infine mi rivolgo a Vespa per il prossimo Sanremo: so che vorrebbe come spalle la Franzoni o Marrazzo. Però faccia uno strappo: ci sono anch’io».

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