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Grande freddo e mortalità cardiovascolare: cosa c’è di vero

L'esposizione a temperature estreme calde e fredde è stata associata a un maggiore rischio di mortalità per più condizioni cardiovascolari comuni

Grande freddo e mortalità cardiovascolare: cosa c’è di vero
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Uno studio dell'Università di Harvard ha analizzato un ampio campione multinazionale, scoprendo che l'esposizione a temperature estreme calde e fredde è associabile a un maggiore rischio di mortalità per più condizioni cardiovascolari comuni. Al giorno d'oggi abbiamo un clima in continuo cambiamento, caratterizzato da eventi estremi. Partendo dal fatto che le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo, gli studi esistenti sull'associazione tra temperature e decessi cardiovascolari sono stati limitati nelle zone geografiche e hanno generalmente considerato le associazioni sia con le morti cardiovascolari totali che con le morti cardiovascolari specifiche per causa.

Lo studio

In uno studio pubblicato sulla rivista Circulation, condotto da Barrak Alahmad, del Department of Enviromental Health dell'Harvard School of Public Health di Boston, vengono valutati, nell'ambito del Multi-Country Multi-City Collaborative Network, gli effetti delle temperature estreme, sia quelle calde che quelle fredde, sul sistema cardiovascolare. Si tratta di uno studio molto vasto sul rapporto del clima sul cuore, che ha coinvolto ben 567 differenti città in 27 Paesi, tra i quali anche l'Italia, sparse nei 5 continenti in un lasso di tempo che va dal 1979 al 2019. Le temperature ambientali giornaliere specifiche della città sono state registrate dalle varie stazioni meteorologiche e dai modelli di rianalisi del clima.

Per studiare le associazioni di mortalità cardiovascolare con temperature estreme sia calde che fredde, sono stati adattati modelli di incroci di casi in ogni città e poi è stato utilizzato un quadro meta-analitico a effetti misti per raggruppare le stime delle singole città. I percentili di temperatura estrema sono stati confrontati con la temperatura minima di mortalità in ciascuna posizione. I decessi in eccesso sono stati calcolati per una serie di giorni di temperature estreme. Le analisi includevano decessi, in oltre 32 milioni di soggetti, per qualsiasi causa cardiovascolare: cardiopatia ischemica, ictus, insufficienza cardiaca e aritmia. Le temperature che sono state misurate andavano dai -30°C di Helsinki ai +44°C di Kuwait City. Inoltre, nello studio è stata considerata anche l'azione di altri fattori, come per esempio l'umidità, l'inquinamento atmosferico e altre cause che avrebbero potuto invalidare i dati ottenuti.

I risultati della ricerca

Da quanto emerso, i giorni più caldi provocano 2,2 decessi in più ogni mille morti cardiovascolari. Mentre i giorni più freddi provocano addirittura un eccesso di mortalità di 9,1 soggetti ogni mille. Andando nello specifico, nei giorni più caldi si registra, rispetto agli altri, un aumento del rischio di mortalità compreso tra il 7 e il 10% per ischemia cardiaca o cerebrale, e del 12% per scompenso cardiaco. Nei giorni più freddi la situazione risulta peggiore. A conti fatti, l'aumento di rischio per ischemia cardiaca o cerebrale è per esempio del 32,5% in più rispetto a quello dei giorni con temperatura normale. Ci sarebbe quindi un netto connubio tra temperature estreme e rischio cardiovascolare.

Il precedente

Non è la prima volta che si arriva a questi risultati, in passato erano stati raggiunti anche da Sameed Khatana e dal suo team della Perelman School of Medicine della Pennsylvania University di Filadelfia. Gli studiosi avevano analizzato il rapporto tra il caldo estremo e la mortalità cardiovascolare in un lasso di tempo di 10 anni. In questo caso la mortalità cardiovascolare media mensile era stata tra 22 e 26 soggetti ogni 100mila abitanti.

Ogni giornata in più di caldo estremo era associata a un incremento della mortalità mensile tra lo 0,12 % e lo 0,19% e interessava in particolare il sistema cardiovascolare.

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