Benvenuti alla Biennale, nell’orchestra ci sono gli androidi

Benvenuti alla Biennale, nell’orchestra ci sono gli androidi

Civiltà della robotica. Non più solo nei film di fantascienza alla Star Trek - ricordate il comandante Data? - e nemmeno in chissà quali laboratori top secret. Siamo nell’Era dell’intelligenza artificiale, di un’intelligenza anche da un po’ al servizio dei suoni. La novità persino sorprendente, arriva dritta dritta dal 53esimo festival della musica contemporanea, in programma dal 25 settembre al 3 ottobre alla Biennale Musica di Venezia. Il primo giorno nel Teatro alle Tese ci sarà il concerto con un’ensemble di cinque androidi. Sì, avete capito bene. Autonomi in grado di prendere in «mano» strumenti, e farli suonare a velocità pazzesche: fino a trenta volte più rapidi di un uomo. Una formazione «capace di ampliare le possibilità di una intera orchestra di percussioni», è la sintesi. Addio maestri in frac e papillon, violini, flauti e vecchi direttori con la tradizionale bacchetta tra le dita? «Il nuovo genere si chiama “RoboticMusic”», spiega senza troppi giri di parole Suguru Goto, classe 1966, giapponese di Tokio, padre dell’insolita formazione impegnato in uno degli istituti più importanti della ricerca, l'Ircam di Parigi. Maestro, ma che cosa fanno i suoi «ragazzi»? «I robot - spiega il compositore demiurgo - non hanno problemi a suonare ritmi assai complessi, in maniera più veloce e senza dover prendere pause; la macchina può inoltre comporre da sola in tempo reale durante la performance, con l’aiuto di un algoritmo del computer». Anche sul piano della pura ricerca offrono molto, come studiare i movimenti complessi del gesto umano. «Il musicista - spiega - sa come suonare ma trova difficoltà a spiegare come controlla i suoi muscoli e in che misura aumenta o riduce istintivamente la velocità e l’intensità in un solo istante». Intelligenza artificiale, cronologia in pillole: gli anni Ottanta hanno puntato sulla ricerca e le applicazioni, i Novanta su come loro, «gli esseri del nuovo mondo», potevano contribuire e integrarsi alla società, il nuovo millennio è anche quello delle arti. Come reagisce il pubblico? «Durante un’installazione durata due giorni - ricorda il compositore - ben tremila persone hanno avuto la possibilità di vedere e ascoltare». Installazioni, finita l’epoca popolata solo dalle automatizzazioni delle fabbriche. Sarà stato il cane Aibo e i prototipi umanoidi Asimo ed Erato, sta di fatto che la curiosità della gente verso questo campo è in aumento. «Oggi - dice - la tecnologia si relaziona con la creatività, come concetto o strumento della società contemporanea, e gli artisti stanno cercando di reagire in maniera sensibile verso un'evoluzione che potrebbe cambiare il modo di vedere l’arte». Suguru Goto è anche noto come inventore di dispositivi che trasformano ogni impulso in azioni sonore e visive. Oppure per «Bodysuite», una tuta per musicisti-danzatori che «attraverso un sistema di sensori interagisce tra movimento del corpo, audio generato e immagini».

Gran finale ultratecnologico con il dialogo e l’interazione fra le due invenzioni: «Si può considerare la tuta “Body” e “RobotMusic” come un rapporto tra un direttore e un’orchestra. Non solo, qui si è lavorato sul concetto di estensione del corpo. E l’uomo e la macchina in questo caso coesistono».

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