Politica

Berlusconi-Bossi, cena per rilanciare il governo

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

«Ci siamo detti tante cose, tante belle cose ma non è il caso di buttarle in giro». Umberto Bossi saluta con un cenno della mano e lascia Villa San Martino alle 11, dopo quasi tre ore di cena e politica con Silvio Berlusconi, «perché dobbiamo aiutarlo a ristabilire la rotta», come aveva promesso domenica.
Un vertice ad Arcore per mettere a punto la strategia dopo le mosse consumate nel weekend da An e Udc, programmare gli ultimi mesi della legislatura e definire la strategia in vista delle elezioni del 2006. Si è discusso di riforme, norme sulla par condicio e modifiche alla legge elettorale, nella consapevolezza che la saldezza del rapporto con la Lega è uno dei pochi punti fermi su cui può contare il premier.
Berlusconi ha accolto Bossi a villa San Martino alle 20. Il premier era reduce da un vertice con i principali dirigenti lombardi di Forza Italia, il Senatùr - in camicia sportiva azzurra - da una serie di incontri nella zona di Bergamo. Insieme a lui sono arrivati ad Arcore i tre ministri della Lega (Roberto Calderoli, Roberto Maroni e Roberto Castelli), oltre al segretario della Lega Lombarda e presidente della commissione bilancio della Camera, Giancarlo Giorgetti. Tutto lo stato maggiore del partito. Altri commensali il vicepremier Giulio Tremonti e il sottosegretario alle riforme Aldo Brancher, entrambi di Forza Italia.
Con il recupero di Bossi dopo la malattia dell’11 marzo dell’anno scorso e la lunga riabilitazione, tornano dunque le cene del lunedì sera con Berlusconi. Consuetudine che ha scandito la seconda fase del rapporto tra i due leader, quella del riavvicinamento cinque anni fa, dopo il ribaltone del 1994.
Bossi era già tornato ad Arcore, il 17 gennaio di quest’anno, prima delle elezioni regionali, accompagnato da Tremonti. Ma di pomeriggio, senza fermarsi a cena. E invece proprio sulle cene del lunedì sera si è consolidato negli ultimi anni il ritrovato feeling tra i due.
La prima risale al 18 aprile 2000, a sancire la nascita della Casa delle libertà e la saldatura dell’asse del Nord patrocinato da Tremonti. Raramente da soli, Silvio e Umberto. Tra i più assidui frequentatori della tavola brianzola lo stesso Tremonti e Brancher, altro pontiere tra i due leader. Con loro, spesso i ministri leghisti e alcuni di Forza Italia.
Cene settimanali entrate nel grande gioco della politica italiana, oltre che nella sua mitologia. Da allora, gli aneddoti sulle interminabili serate di Arcore si sprecano. Fu all’uscita di una cena, il 24 giugno 2003, che Bossi esclamò: «Si fanno le riforme!».
E due anni e mezzo fa, i pur complicati nodi politici in vista delle amministrative furono rimandati al dopo cena, per la concomitanza con la partita Perugia-Milan, seguita con trepidazione dai commensali. «Adesso segnano, adesso segnano», era il mantra del Cavaliere.
Finì zero a zero e fu un presagio: le imminenti elezioni non sarebbero andate meglio.
Cene taumaturgiche per la Lega, timorosa per gli sgambetti parlamentari di An e Udc sulla devoluzione. Cene spesso andate di traverso agli alleati.

Ha detto Gianfranco Fini in uno dei momenti più delicati per il governo: «Troppe volte Berlusconi ha ucciso il vitello grasso alle cene di Arcore per il figliol prodigo Bossi, senza rendersi conto che così facendo squilibrava l’alleanza».

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